Marco Garzonio “Vedete, sono uno di voi”

Marco Garzonio Marco Garzonio. Vedete, sono uno di voi. Ancora Edizioni.

Marco Garzonio
“Vedete, sono uno di voi”
intervista a Ermanno Olmi su Carlo Maria Martini
Ancora Edizioni

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«vedete, sono uno di voi» è il titolo del docu-film di Ermanno Olmi su Carlo Maria Martini. È anche il titolo di questo libro-intervista, curato da Marco Garzonio, in cui Olmi riprende i temi fondamentali del film, tratteggiando il «suo» personale ritratto di Martini, visto come figura emblematica della chiesa contemporanea e della società italiana. L’occhio di Olmi ci rivela un Martini sorprendente.

«Per questa ragione abbiamo fatto un film su Martini:
perché ogni capitolo della sua vita ha potuto rappresentare l’occasione
per rivivere emotivamente un capitolo della nostra stessa esistenza, di ciascuno di noi»
Ermanno Olmi

Marco Garzonio ha seguito l’episcopato di Carlo Maria Martini sin dagli inizi per il Corriere della Sera, di cui è tuttora editorialista. Autore del saggio Il profeta. Vita di Carlo Maria Martini (2012), è coautore insieme a Ermanno Olmi di soggetto e sceneggiatura del film vedete, sono uno di voi (2017), che ricostruisce la vicenda umana e spirituale del cardinal Martini. Ha pubblicato numerosi volumi tradotti anche all’estero, tra cui Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei Vangeli (2005). Psicologo analista e psicoterapeuta, lavora privatamente a Milano ed è docente di Psicologia del sogno presso la Scuola di Psicoterapia del Centro Italiano di Psicologia Analitica (CIPA), dove svolge anche la funzione di training. È presidente della Fondazione culturale Ambrosianeum.

“MORTE DI UN UOMO”
Al capezzale del Cardinale Carlo Maria Martini
di Marco Garzonio

Aspettiamo l’attimo che deve venire, che verrà,
è questione di tempo
nella penombra della stanzetta al terzo piano.
Respiri a fatica, rantoli. Un prete
camiciola azzurra, maniche corte,
ti sta di fronte, ai piedi del letto,
cantilena pagine di Vangelo.
Fisso
le pareti spoglie, utero bianco
che ti sta per generare al cielo
nelle contrazioni degli ultimi spasmi.
La dottoressa ti prende la mano,
guarda la flebo, cerca il polso abbandonato.
In punta di piedi
c’è chi lascia la stanza. Si apparta.
Regge a fatica.
Odo bisbigli
che spronano al coraggio,
all’audacia da te sempre evocata.
Vorrei assecondare i ricordi
che premono,
ma la mente rifugge: «Stai qui», ripete severa.
«Stai qui: è l’ora. Stai qui: è il momento!».
Prego.
Il mio sguardo vaga
ma su di te ritorna. Seguo il filo del naso sottile,
degli occhi chiusi, delle guance tirate,
mi scuote il sussulto del petto che geme,
[vedo la vita
divincolarsi da membra forti e stremate.
Giunge all’apice il tremendo duello…
La dottoressa
fa un cenno d’intesa. Il segretario invita a uscire.
Nel salotto dove ricevevi col tuo dire muto ormai
allo sguardo l’uno dell’altro ci aggrappiamo.
Aspettiamo.
«I parenti possono rientrare».
Vien dato l’annuncio: «Carlo Maria Martini
è spirato alle quindici e quarantatré. Chiedo
di attendere a dare la notizia. Sarà prima comunicata
al cardinale Scola, che annuncerà al Papa il decesso».
Ma un prelato (neanche la morte ha ragione
dei narcisi)
è già corso tra le braccia dei cronisti
che aspettano sotto chiaccherini
all’ombra degli alberi possenti. Grazie alle loro
fronde
l’Aloisianum vegliò sul tuo passeggiare orante
di gioia e di fatica
quando ogni giorno discorrevi con loro,
ascoltavi il frusciar delle foglie,
rispondevi al silenzio fremente della natura amica.
«Chi vuole può dare l’ultimo saluto»
annuncia il segretario. Ci guardiamo, lo abbraccio.
Anche per te, Damiano, è finita:
comincia un’altra vita, per tutti.
Torno nella stanza,
esito nell’accostarmi al letto,
sfioro la mano tua
che tante volte ha benedetto me e figli e nipoti
e sposa. Orfano piango lacrime asciutte,
levo lode al Signore che ci ha donato
un inviato di speranza e di luce per i nostri
giorni tormentati
e per i tempi a venire,
un pastore che camminava davanti a noi,
che rese inquiete e curiose e che scaldò
le nostre tiepide coscienze,
fece spirare un vento forte e sottile di silenzio
che ridestò braci timide e spaurite
sotto soffocanti coltri di cenere grigia,
le trasformò in fiamme ardenti,
contagiose come sa essere l’amore:
ci hanno animati loro,
loro ci hanno scaldati, consolati,
portati sino a qui.
In questa Gallarate
per un giorno al centro dello sguardo attonito
d’un mondo che non conosce resa
ed esigente cerca testimoni
che siano credibili,
raccolgo la consegna da te Carlo Maria Martini,
uomo con gli uomini,
cantore della Parola detta in parole,
cardinale di una Chiesa bisognosa di misericordia
più che di cattedrali e paramenti,
profeta d’un Dio che muore e risorge,
che scende agli Inferi, riscatta gli afflitti,
prende per mano chi patisce
nelle membra e nell’anima,
sorride,
rallegra e protegge
chi ha fame e sete di giustizia
beato di sempre
e per sempre.
Davanti alla luminosa serenità del tuo corpo
finalmente placato, disteso
che mani premurose e reverenti
presto rivestiranno dei sacri, solenni panni,
ti saluto
Carlo Maria mio santo vescovo,
che hai abbattuto mura spesse e pesanti
arroccate per secoli,
che sei morto con eleganza, come auspicavi,
che angeli sono venuti a prendere
per rendere leggera la tua salita al Dio
del Cantico dei Cantici così tanto amato
ricambiando la tua inesausta passione
per il Crocifisso,
vescovo Carlo Maria
che vivi ora
nella gloria dei cieli
e nei cuori e nelle menti
di uomini e di donne
consapevoli che nulla sarà più come prima!
Riconoscente
ti chiedo di intercedere
perché si avveri un sogno: che anch’io
diventi sentinella d’un’alba
in cui si può credere
di cambiare le cose.
Così sia.


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