Gabriele Galloni “Sonno giapponese”

Gabriele Galloni Gabriele Galloni "Sonno giapponese" Italic Pequod

Gabriele Galloni
“Sonno giapponese”
Italic Pequod

Gabriele Galloni è nato nel 1995 a Roma, dove vive. Le sue raccolte di versi sono: Slittamenti (Alter Ego-Augh! Edizioni, 2017, nota introduttiva di Antonio Veneziani), In che luce cadranno (Rplibri, 2018). Autore e ideatore, per la rivista “Pangea”, della rubrica Cronache dalla Fine – dodici conversazioni con altrettanti malati terminali. Sue poesie, oltre a essere tradotte in spagnolo e in romeno, sono apparse sulle maggiori riviste italiane.

da “Sonno giapponese”
Non parlarmi di destino, uomo.
Volevo scrivere un romanzo lirico-pornografico.
Ho ucciso così mia madre; l’ho aperta con un coltello e ne ho sondate le profondità. Tastate le viscere, nudo a nudo; penetrata nell’incisione da me praticata. Venuto in lei, nel suo sangue. Invano ho ricercato il contrario metaforico nella densità del suo sesso.
Mamma era una gatta.
Aveva il pelo, mia madre; io sono un gatto sphynx. Senza pelo. Forse anche mio padre era uno sphynx, conoscendo i gusti di mia madre.
Non mi piaccio, glabro. Odio le mie orecchie a punta; il mio sguardo cattivo, cinico. Il romanzo non giunge a termine; è un parto, un parto di vita intera.
Se muoio, la mia pelle utilizzatela per una lampada. Il mio cranio vi porti fortuna. Sbriciolatelo con un martello.
Sniffatelo, cani.

da “Sonno giapponese”
In questo bar castigliano servono il caffè dentro logori stivali contadini – in sostituzione delle tazzine e a memoria di quando esse mancavano in tutta la regione. Così tanto, il caffè, che nel portare lo stivale dal bancone al tavolo devi usare massima prudenza per non farlo strabordare.
Bollente più di ogni altra conosciuta bevanda, il caffè di qui va sorseggiato pianissimo; può metterci anche un’ora per raffreddarsi appena. Tre ore il tempo medio di consumo.
Nell’attesa puoi osservare gli affreschi alle pareti, le numerose scene belliche lì raffigurate.
Notare, nell’angoscia dei particolari, che il viso di un ferito non è viso umano ma superficie lunare con tanto di crateri e ombre di satelliti artificiali.
Che il viso di tutti i feriti, di tutti i morti lì rappresentati, è superficie lunare; crateri e ombre di satelliti artificiali.
I carnefici – non pervenuti.
Dunque non sono scene belliche, mi dici contrariato; l’aggettivo bellico concerne la guerra e di guerra vera e propria in questi affreschi nada. Feriti, morti; fiamme.
Nessuno a provocare questo però.
Chiedi spiegazioni al barista, ti dico io. E aspetta prima di bere; è ancora caldo.
Vorrei spiegarti l’Inferno; dirti la realtà di queste pitture. Farti notare sullo sfondo, nascosto dalla fuliggine, un piccolo Satana; anch’egli luna, cratere, ombre di satelliti artificiali.
Il piccolo Satana sta scopando un cane minuscolo, un cane-bambino. Guarda: gli ha infilato il cazzo tra le costole scarnificate.
“E i Diavoli cosa eiaculano?”
Sorseggiare il caffè. Insieme dello stesso brivido tremare.

Recensione di “Sonno Giapponese” su Minima et Moralia di Ilaria Palomba
http://www.minimaetmoralia.it/wp/sonno-giapponese-gabriele-galloni/

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