Giorgio Ghiotti “Gli occhi vuoti dei santi”

Giorgio Ghiotti Giorgio Ghiotti "Gli occhi vuoti dei santi" Hacca Edizioni

Giorgio Ghiotti
“Gli occhi vuoti dei santi”
Hacca Edizioni

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“Sappiamo diventare famiglia sempre troppo tardi e solo prima del crollo”.

“Ho pensato che su di noi è stato già scritto tutto, che non siamo per niente speciali, non abbiamo sventato rapine e non siamo mai stati a New York o a Londra o a Berlino”.

Gli occhi vuoti dei santi è il libro che conferma il grande talento letterario del giovanissimo Giorgio Ghiotti.

Dodici racconti potenti e corrosivi, che raccontano vite colpite, deluse, innamorate, perdonate. Sembra di guardare il palcoscenico di un teatro: a volte è una stanza lasciata vuota, un’altra un palazzo troppo alto, o solamente una sedia, a fare da sfondo. Poi irrompe la scrittura – altissima, colta, poetica – di Giorgio Ghiotti, e noi restiamo incantati dal suo accompagnarci dentro i corpi, dentro le colpe, le nostalgie, i rimpianti, i sogni.

Dodici racconti, dodici cattività domestiche. Dodici incendi.

Così comincia il racconto “Erbacce”:
“Secondo loro questa è la periferia, la periferia di tutto: della città, della civiltà e dell’uomo. Anche noi siamo creature periferiche. A me piace molto qui, anche se certe mattine il grigio delle case si mischia con il cielo e sembra un unico immenso scarabocchio di matita. Non è vero che qui c’è solo il grigio: c’è la piazzetta e lì il colore è il verde, il verde delle erbacce che i giardinieri sradicano ogni mese ma tanto ricrescono sempre, sono testarde e cercano il cielo. Anche Milena cercava il cielo, e la settimana scorsa ha bloccato l’ascensore senza suonare l’allarme, ha respirato tutto l’ossigeno rimasto, dopo l’ossigeno è finito, prima è svenuta poi ha trovato il cielo che andava tanto cercando. Quest’anno Natale ha abbracciato meno persone e non Milena di certo. Da noi i colori sono tutto, sono una famiglia cromatica che ti accoglie nelle sue braccia un po’ ruvide. A volte si distrae stringe troppo e a qualcuno manca l’aria, allora scappa come può. Per esempio, dopo Milena, se n’è andato anche Nicola. Nicola però se n’è andato con un tradimento, perché ora vive nel cuore della città e non ci passa a trovare mai, solo ogni tanto telefona a Lorenzo e dice di quanto gli manchiamo. Allora Lorenzo gli fa: «E torna Nico’ che manchi pure tu», lui risponde sempre: «Ma che sei matto?» e quando attacca, Lorenzo ci riferisce la telefonata e gli viene da piangere perché con Nicola erano migliori amici, poi si gira una canna e non ci pensa più.”

Giorgio Ghiotti è nato a Roma nel 1994. Vive a Milano, dove collabora con la casa editrice Bompiani e dove studia Italianistica contemporanea all’Università ‘Statale’. Ha esordito nella narrativa con la raccolta di racconti “Dio giocava a pallone” (nottetempo) e nella poesia con “Estinzione dell’uomo bambino” (pref. V. Lamarque, Perrone). Ha inoltre pubblicato le interviste di “Mesdemoiselles. Le nuove signore della scrittura” (Perrone), il romanzo “Rondini per formiche” (nottetempo), il saggio narrativo “Via degli Angeli” (Bompiani, con Angela Bubba) e la raccolta poetica “La città che ti abita” (pref. B. Frabotta, Empirìa). Il suo ultimo lavoro è il saggio sulla poesia contemporanea “Costellazioni. La poesia è una bussola e va seguita” (Empirìa), uscito a marzo 2019.


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