Gabriella Fenocchio “Canzoni” Francesco Guccini

Gabriella Fenocchio Gabriella Fenocchio "Canzoni" Francesco Guccini, Bompiani Editore

Gabriella Fenocchio
“Canzoni”
Francesco Guccini
Bompiani Editore

bompiani.it

Torino Spiritualità
torinospiritualita.org
Sabato 29 settembre, ore 17.00
Teatro Carignano, Torino
Gabriella Fenocchio e Francesco Guccini

Memoria e immaginazione: sono queste le migliori armi a disposizione di chi resiste. La prima, per tenere a mente quale radice ha fatto di te ciò che sei. La seconda, per inventare tra le opzioni che hai a disposizione un’alternativa possibile, uno scarto dall’imperio dell’attuale. Memoria e immaginazione – dimensioni che si incontrano spesso nel vasto canzoniere di Francesco Guccini, fulcro della conversazione tra l’artista e la saggista Gabriella Fenocchio, che alla sua opera ha dedicato il recente Canzoni (Bompiani). Una chiacchierata intima e fluviale, come intime e fluviali sono le storie dei personaggi gucciniani, talvolta un po’ ammaccati, comunque mai allineati al petulante vociare del proprio tempo. Perché all’indifferenza e all’omologazione hanno sempre preferito dire di no.

Da ”Radici” all”’Ultima Thule”, passando per ”Piccola città”, ”Eskimo”, ”Auschwitz”, ”Culodritto”, ”Signora Bovary”, ”Farewell”: questo volume raccoglie alcune tra le canzoni più amate di Francesco Guccini. A rileggerle insieme a noi è una filologa e studiosa di letteratura italiana del Novecento, che facendo ricorso ai suoi ”ferri del mestiere” ci mostra i segreti stilistici, ritmici, retorici nascosti tra i versi e – grazie alla conoscenza profonda del cantautore e della sua esperienza artistica – illumina ogni riferimento presente nei testi.
Canzone, dice il vocabolario, è – dal verbo latino ”canere” – ”un componimento lirico formato da un numero indeterminato di stanze o strofe”: con le note verso per verso e i ricchissimi commenti, questo è un libro di poesia, che ci svela come la sapiente tessitura compiuta da Guccini contribuisca in modo fondamentale alla nostra emozione di ascoltatori.

Francesco Guccini è nato a Modena nel 1940. Cantautore poeta e scrittore, è un mito per generazioni di italiani. Cronista per due anni alla “Gazzetta dell’Emilia” di Modena e cantante chitarrista in orchestre da balera, è stato sporadicamente anche attore, autore di colonne sonore e di fumetti. Per vent’anni, fino alla metà degli anni ottanta, ha insegnato lingua italiana al Dickinson College di Bologna, scuola off-campus dell’Università della Pennsylvania. Ha esordito nella narrativa nel 1989 con Cròniche Epafániche per poi pubblicare molti racconti e romanzi, da solo e in coppia con Loriano Macchiavelli. Ha concluso la sua carriera musicale con il disco L’ultima Thule (2012).

Vorrei
Vorrei conoscer l’odore del tuo paese,
camminare di casa nel tuo giardino,
respirare nell’aria sale e maggese,
gli aromi della tua salvia e del rosmarino.
Vorrei che tutti gli anziani mi salutassero
parlando con me del tempo e dei giorni andati,
vorrei che gli amici tuoi tutti mi parlassero,
come se amici fossimo sempre stati.
Vorrei incontrare le pietre, le strade, gli usci
e i ciuffi di parietaria attaccati ai muri,
le strisce delle lumache nei loro gusci,
capire tutti gli sguardi dietro agli scuri

e lo vorrei
perché non sono quando non ci sei
e resto solo coi pensieri miei ed io…
Vorrei con te da solo sempre viaggiare,
scoprire quello che intorno c’è da scoprire
per raccontarti e poi farmi raccontare
il senso d’un rabbuiarsi e del tuo gioire;
vorrei tornare nei posti dove son stato,
spiegarti di quanto tutto sia poi diverso
e per farmi da te spiegare cos’è cambiato
e quale sapore nuovo abbia l’universo.
Vedere di nuovo Istanbul o Barcellona
o il mare di una remota spiaggia cubana
o le greppe dell’Appennino dove risuona
fra gli alberi un’usata e semplice tramontana

e lo vorrei
perché non sono quando non ci sei
e resto solo coi pensieri miei ed io…

Vorrei restare per sempre in un posto solo
per ascoltare il suono del tuo parlare
e guardare stupito il lancio, la grazia, il volo
impliciti dentro al semplice tuo camminare
e restare in silenzio al suono della tua voce
o parlare, parlare, parlare, parlarmi addosso
dimenticando il tempo troppo veloce
o nascondere in due sciocchezze che son commosso.
Vorrei cantare il canto delle tue mani,
giocare con te un eterno gioco proibito
che l’oggi restasse oggi senza domani
o domani potesse tendere all’infinito

e lo vorrei
perché non sono quando non ci sei
e resto solo coi pensieri miei ed io…

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ascoltare fa pensare
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