Serena Vitale “Scrittura e Traduzione”

Serena Vitale Serena Vitale "Scrittura e Traduzione" Vita Nova

Serena Vitale
“Scrittura e Traduzione”
Vita Nova
Venerdì 4 dicembre 2020, ore 19:45

https://www.salonelibro.it/ita/

Scrittura e traduzione
incontro con Serena Vitale
introduce Ilide Carmignani

Il racconto di cosa significa scrivere, e cosa significa tradurre, attraverso i più grandi autori della letteratura russa, a cui Serena Vitale ha dedicato come studiosa, come scrittrice e come traduttrice tutta la sua esistenza.

Serena Vitale
Allieva di Angelo Maria Ripellino, diventa una grande conoscitrice della lingua e della letteratura russa e una delle personalità più competenti nel campo. Ha vissuto a Mosca e a Praga e dal 1972 insegna Lingua e Letteratura russa. Consulente editoriale, critica letteraria, ha tradotto migliaia di pagine dal ceco e dal russo.
Tra i suoi libri: Il bottone di Puskin, Adelphi (premio Viareggio per la saggistica, Comisso per la biografia e Basilicata per la narrativa), La casa di ghiaccio, Mondadori (Premio Bagutta, Premio Piero Chiara), L’imbroglio del turbante, Mondadori (premio Pen Club, Premio Grinzane Cavour). Nel 2015 esce per Adelphi Il defunto odiava i pettegolezzi.

Serena Vitale
“La mite”
Fedor Dostoevskij
Adelphi

https://www.adelphi.it/

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«Immaginate un uomo la cui moglie, suicidatasi alcune ore prima gettandosi dalla finestra, sia stesa davanti a lui su un tavolo» scrive Dostoevskij nel presentare ai lettori questo racconto perfetto, che di quell’uomo restituisce, con stenografica precisione, il soliloquio delirante e sconnesso, tutto esitazioni, ripetizioni, contraddizioni, pause, balbettii, ripensamenti. Di lui sentiamo i gemiti, e perfino l’eco dei passi che tornano in continuazione al cadavere steso sul tavolo. L’uomo, quarantuno anni, ex capitano cacciato da un illustre reggimento con l’accusa di viltà e ora titolare di un banco dei pegni, non è un giusto, ma nemmeno un inveterato criminale. È semmai parente stretto dell’Uomo del sottosuolo, con cui ha in comune la rabbia dell’individuo rifiutato dalla società, l’istinto dell’animale braccato. Sragionando ad alta voce, cerca di capire e ricostruire le cause della catastrofe. Ha amato la Mite, ma torturandola con le parole e ancor più con il silenzio, con il perverso «sistema» ideato per vendicarsi di un’antica offesa e ritrovare la dignità perduta. E ora continua a chiedersi: «Perché questa donna è morta|». Genio guastatore, maestro nel far saltare i ponti dei legami causali, Dostoevskij gli nega – e lo nega ai lettori – il sollievo di una spiegazione univoca, definitiva. E il monologo si sgretola in un dialogo con immaginari interlocutori: giudici? avvocati d’ufficio? fantasmi?

IL POSTO DELLE PAROLE
ascoltare fa pensare

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