Serafino Ripamonti “Perché lassù”

"Perché lassù" "Perché lassù"

Serafino Ripamonti
“Perché lassù”
Mondadori Editore

https://www.librimondadori.it/

Curato da Serafino Ripamonti per Mondadori, il libro contiene i pensieri di Agostino Da Polenza, Denis Urubko, Marco Confortola, Cala Cimenti, Walter Bonatti, Federica Mingolla, Silvio Mondinelli, Simone Origone, Simone Pedeferri, Angelika Rainer, Nico Valsesia, Serafino Ripamonti, Pierluigi Bini, François Cazzanelli, Silke Unterkircher

Le ragioni possono essere diverse e cambiare anche nel corso dell’esistenza, ma ciò che accomuna tutti gli appassionati di alpinismo è la spinta ad andare lassù, fino in cima, a qualunque costo, sfidando la fatica, l’ipossia, il freddo, il vento che ti prende a pugni in faccia e il sole che ti perfora la vista.

C’è chi lo fa per spostare più in là i limiti dell’uomo. C’è chi lo fa invece per il godimento puro e semplice della natura incontaminata. Chi cerca di aprire nuove vie, come un Marco Polo che sale verso il cielo. E chi, semplicemente, non può farne a meno.

L’opinione pubblica oscilla sempre fra ammirazione e disapprovazione. Soprattutto nei casi in cui le scalate si trasformano in emergenze o in tragedie, aumenta immediatamente il numero delle persone che si chiede a gran voce cosa mai sono andati a cercare o chi glielo ha fatto fare. Ma gli alpinisti, pur chiamati in causa, non rispondono mai e scrutano da lontano la prossima cima.

Perché lassù raccoglie i pensieri e le emozioni di diversi alpinisti che hanno speso gran parte della loro vita a scavalcare costoni impervi, conquistare sommità altissime, schivare valanghe, interpretare gli umori di seracchi grandi come grattacieli, tirare corde e piantare ramponi nella schiena della montagna, mangiando cibo liofilizzato e bevendo neve riscaldata: tutto per poter urlare a loro stessi di avercela fatta.

Perché lassù è nato come domanda per poi trasformarsi in affermazione quasi metafisica. Perché non c’è una vera ragione nel sacrificio, spesso mortale, di questi esploratori del cielo, se non quella totalmente irrazionale dell’ineluttabilità del farlo. Chi non vive la montagna non lo saprà mai, ma la montagna chiama.

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