Michele Cecchini “Aprire il fuoco” Luciano Bianciardi

Luciano Bianciardi. Aprire il fuoco. minimum fax Luciano Bianciardi. Aprire il fuoco. minimum fax

Michele Cecchini
“Aprire il fuoco”
Luciano Bianciardi
minimum fax

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introduzione di Oreste Del Buono
postfazione di Michele Cecchini

Se ogni scrittore ha un proprio tramonto, Aprire il fuoco è il tramonto di Bianciardi, l’ultima lettera di un sinistrato politico, spiaggiato e in esilio. Lo vediamo mentre perlustra la campagna con un binocolo, abbassa le tapparelle, si versa un bicchierino di grappa. Sa di essere clinicamente morto, ora che è morta ogni insurrezione: primo o poi l’oppressore, e i tanti aguzzini che non hanno mai smesso di tormentarlo, arriveranno a prenderlo. Nell’attesa non gli resta che fumare una sigaretta, e rievocare la fine dell’inverno di dieci anni prima, il 1959, le sue gloriose cinque giornate, anche se la rivoluzione è ormai soltanto la memoria confusa di altri fallimenti: le discussioni al Giamaica con gli amici, Giorgio Gaber e Jannacci, la  cameretta di Porta Tosa, le barricate a San Damiano. C’è appena il tempo per un ultimo appello, per dire il poco che ha imparato dalla sua vita agra: che fare all’amore non è vergogna. Vergogna è uccidere, morire di fame, chiudere la gente in prigione o al manicomio, giudicare. E non serve stampare i libri che nessuno legge, né costringere i giovani nelle scuole, né occupare le università. Bisogna occupare le banche, le vere cattedrali del nostro tempo. E poi spegnere la televisione. E alla fine lasciare tutto nel disordine. La valigia è pronta, così piena di carte, della sua alienazione quotidiana, di tutta la nausea che lo ha avvelenato per l’imbischerimento del mondo. Ma sulle spalle ha ancora il suo vecchio Mauser, ed è pronto a fare fuoco. 

Luciano Bianciardi
1922 / 1971è stato uno dei grandi irregolari della letteratura italiana del Novecento. Ha scritto La vita agra e Il lavoro culturale. Minimum fax ha ripubblicato finora Antistoria del Risorgimento. Daghela avanti un passo!, I minatori della Maremma, scritto con Carlo Cassola, e Garibaldi. 


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