MARIA FONTANA

Conversazione di Livio Partiti con Maria Fontana

 

EDVARD MUNCH

PALAZZO DUCALE – GENOVA

 

 

 

BREVE ANTOLOGIA CRITICA


Giulio Carlo Argan


Lʼarte moderna, 1970


Il suo tipo non è quello del cinico amaro, ma del veggente ispirato, che
della società prevede il destino tragico, lʼineluttabile caduta. Da
quando arriva per la prima volta a Parigi, sperimenta tutto, in una
smania di lettura che lo fa passare da Gaugin a Seurat, da Van Gogh a
Toulouse. Porta con sé il sentimento tragico della vita, che pervade la
letteratura scandinava: Ibsen ma soprattutto Strindberg. Come Ensor, ma
con più lucida coscienza, anche Munch non crede al superamento, al
ribaltamento dellʼImpressionismo: dalla realtà esterna allʼinterna. La
sua tendenza spiritualistica lo porta verso il Simbolismo, ma anche il
Simbolismo va rovesciato: non deve essere un processo di trascendenza,
dal basso verso lʼalto, dal trascendente allʼimmanente. Il simbolo non è
oltre ma dentro la realtà: attacca le radici stesse dellʼessere,
lʼesistenza e lʼamore, lʼamore diventa ossessione sessuale, la vita
morte. La rappresentazione stessa deve in un certo senso
autodistruggersi: la parola deve diventare, o tornare ad essere, urlo.
Il colore deve bruciarsi nella sua stessa violenza: non deve significare
ma esprimere. Perciò da Gaugin Munch prende la tendenza a servirsi
dellʼincisione: intesa però come una pittura cui è stato sottratto, con
il colore, il senso della vita.


E se talvolta il colore viene recuperato nellʼincisione stessa, non è
più un colore legato alla sensazione e allʼemozione visiva, ma un colore
dato dopo, che nullʼaltro vuole definire se non lo stato dʼanimo, il
clima o lʼatmosfera dellʼimmagine. La poetica di Munch è direttamente o
indirettamente collegata con il pensiero di Kierkegaard, che soltanto
nei primi decenni del Novecento comincerà ad essere conosciuto in
Germania: si deve dunque a Munch, che soggiornò più volte in Germania,
la spinta “esistenzialista” che farà nascere lʼEspressionismo, che è
nato infatti nel nome e sotto il segno della sua pittura.


Alf Bøe


Lʼarte grafica di Edward Munch, 1986


Edvard Munch, entrato nel campo dellʼarte grafica nel 1894, si rivelò
subito come uno dei maggiori innovatori e portò nuova linfa a
questʼantica arte trasformandola in un mezzo espressivo dei sentimenti e
degli atteggiamenti contemporanei. Da allora, nel corso di tutta la sua
carriera, lʼarte grafica ha rappresentato in un modo o nellʼaltro uno
dei principali interessi di Munch.


Øyvind Storm Bjerke


Edward Munch, lʼopera come testo, 2001


Il modo di rappresentare di Munch, dove il dramma si consuma in uno
spazio limitato e saturo, dove i singoli elementi, come per esempio gli
oggetti o i colori di un interno, forniscono le chiavi per interpretare
sia la situazione sia i personaggi, facendo così da cassa di risonanza
ai loro pensieri e alla loro vita affettiva, è fortemente affine ai
drammi di Ibsen. La concezione dello spazio di Munch si rivela spesso
identica a quella del dramma naturalistico: uno spazio piccolo e
definito al quale è stata tolta una parete per permettere di sbirciare
dentro e dove, come spettatori, siamo messi a stretto contatto con gli
eventi. Lʼimpianto drammatico in Ibsen, che nasce e si sviluppa da un
tradimento, una bugia e un crimine, trova un parallelo in Munch. Ibsen
sviluppa anche una concezione secondo la quale lʼarte esige da colui che
si cala nel ruolo dellʼartista la capacità di accantonare tutto quanto
esiste di volgare e di quotidiano per concentrarsi invece sulle
questioni più esistenziali e mostrare quali sofferenze e disgrazie esse
possano arrecare al singolo essere umano. Questo distacco dagli altri
coincide con il divenire guida, esempio,


determinando il punto più alto e spirituale delle situazioni umane. In
questo modo lʼartista appare come una figura di liberatore che si immola
nella lotta, affinché altri, attraverso il suo sacrificio, non debbano
affrontare lo stesso percorso di dolore e sofferenza. Egli diventa
lʼesempio non da seguire, ma da cui trarre esperienza: sul piano
metafisico ciò favorisce la conciliazione con la sofferenza grazie al
sostituto della vittima, lʼartista appunto.


Magne Malmanger


La pittura di paesaggio norvegese da Dahl a Munch, in Da Dahl a Munch, 2001


È da notare il modo del tutto originale in cui unisce la figura al
paesaggio (…) Le formule da lui create sono fondamentali per una
comprensione dei suoi intendimenti artistici. Uno dei procedimenti più
significativi consiste nel porre in primo piano una o poche figure,
nettamente stagliate contro il paesaggio retrostante. Va osservato che,
in questo genere di composizioni, la figura è solitamente vista davanti
al paesaggio piuttosto che al suo interno: lo specifico messaggio di
questi quadri è affidato a una persistente enfasi data alla
contrapposizione tra uomo e natura (…) Munch impiegò tuttavia varianti
di quella formula per scopi del tutto diversi da quelli degli esponenti
della pittura realistica en plein air. Dal punto di vista della
struttura, le sue composizioni paiono addirittura più vicine agli
esperimenti di alcuni dei primi pittori romantici tedeschi. Il fattore
comune è che lʼuomo e la natura sono percepiti come opposti, anche se,
proprio per questo, intimamente uniti nellʼatto di vedere. La differenza
principale, invece, sta nel fatto che, mentre il romanticismo tedesco
concepiva la natura come riflessa dalla coscienza umana, Munch si
sforzava di rappresentare lʼanima umana riflessa nella natura.


Marit Lange


Edvard Munch. Dal realismo allʼespressionismo, 1999


Munch nasceva artisticamente come realista, con la nuova serie di motivi
egli anni novanta dellʼOttocento, che trattavano della vita e dei
problemi dellʼuomo moderno, cercò una forma che si adeguasse a questi
contenuti: non poté trovarla allʼinterno delle norme del realismo ma
nelle forme semplificate del sintetismo, e nellʼuso molto semplificato
del colore, ispirato al fauvismo. Eʼ impossibile imitare lʼespressione
figurativa di Munch senza finire nel banale. La sua forma di espressione
e lo stile pittorico leggero e scorrevole, come lo conosciamo nei suoi
anni migliori, è talmente personale che non si può ripetere. Perciò non
creò mai una scuola, anche se il suo cromatismo ebbe significato
duraturo per i pittori norvegesi e stranieri.

 

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MARIA FONTANA

 

 

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