“Io so cosa vuol dire non tornare”

Auschwitz, città tranquilla Fabio Levi "Auschwitz, città tranquilla"

Fabio Levi
“Io so cosa vuol dire non tornare”

Circolo dei Lettori, Torino
https://circololettori.it/io-so-che-cosa-vuol-dire-non-tornare/

Circolo dei Lettori, Torino
martedì 26 gennaio ore 18
Auschwitz, città tranquilla
a partire dal libro di Primo Levi edito da Einaudi a cura di Fabio Levi e Domenico Scarpa
con Wlodek Goldkorn e Nadia Terranova | introduce Fabio Levi
in collaborazione con Giulio Einaudi editore

A gennaio e febbraio 2021, la Fondazione Circolo dei lettori ha in programma incontri, lezioni, letture e riflessioni online dedicati a Primo Levi, alla sua voce, a quello che ci ha lasciato.

«Quanto ci manca la sua voce. Limpida, pacata, così profonda da riuscire ad arrivare sempre al cuore delle cose. Anche, ma non soltanto a quel cuore nero che è l’abisso della Shoah. Primo Levi è, ma soprattutto deve tornare ad essere il canone della nostra memoria, dello sguardo che, nell’orientamento ebraico del tempo, ha il passato davanti agli occhi e il futuro alle spalle: perché ciò che è stato è in qualche misura conoscibile, mentre quello che è ancora da venire non possiamo saperlo ma soltanto imparare ad affrontarlo con gli strumenti che l’umana coscienza ha fatto propri nel corso della storia.
La voce di Primo Levi: nitida, precisa, illuminante. Carica di una sapienza che si costruisce nella continua osmosi fra emozioni ed esperienza di vita. Per questo e per tanto altro la voce di Primo Levi è necessaria a tutti. Per come ha saputo disegnare la memoria e raccontarla. Per come ha saputo trasformare la memoria in una lezione morale e in un percorso di conoscenza condivisa.
Primo Levi non è, non è stato solo un testimone ma un grande scrittore a tutto tondo, un uomo capace di esprimere la vocazione letteraria, quella di scienziato – anzi di chimico -, e di intellettuale nel senso più ampio del termine. Non c’è una sua sola parola che non sia necessaria per tutti noi, dai grandi romanzi sull’universo concentrazionario e la guerra alla poesia che scaturisce magari da una mattina nebbiosa, dalla riflessione fondamentale sulla zona grigia alle sue pagine più intime condite di un’ironia sottile, benevola.
Ascoltare Primo Levi significa inevitabilmente confrontarsi con la ricchezza della sua produzione letteraria e artistica. Significa risentire la sua voce quando ci parla di Auschwitz perché se comprendere è impossibile conoscere è necessario, come ripeteva lui. Significa non illuderci sulla nostra convinzione di poter scendere a patti con la Shoah, cioè di capirla in qualche modo, e invece confrontarci con la sua insondabilità ma al tempo stesso renderci conto che quella memoria appartiene a tutti, che riguarda tutti e non soltanto il popolo ebraico né tantomeno soltanto chi ha attraversato quell’inferno, come è successo a lui. È memoria collettiva, deve essere il nostro sguardo su quel passato intollerabile eppure nostro.
“Io so che cosa vuol dire non tornare” deve significare che tutti non siamo tornati di laggiù, che soltanto appropriandoci di quell’esperienza attraverso la voce di Primo Levi possiamo provare a fare in modo che non accada mai più.»

Elena Loewenthal


Fabio Levi, Domenico Strada
“Auschwitz, città tranquilla”
Einaudi Editore

https://www.einaudi.it/

«Può stupire che in Lager uno degli stati d’animo piú frequenti fosse la curiosità. Eppure eravamo, oltre che spaventati, umiliati e disperati, anche curiosi: affamati di pane e anche di capire.»

Costruito dal Centro internazionale di studi Primo Levi, Auschwitz, città tranquilla ci offre dieci suoi testi narrativi, incorniciati da due poesie: dodici punti di vista, inaspettati e avvincenti, sulla maggiore tragedia collettiva del Novecento. Nel segno di un paradossale titolo d’autore, la «città tranquilla» del campo di sterminio si apre, in questa antologia, in ogni direzione: quella fantastica, nel trittico di racconti distopici e «tedeschi» costituito da Angelica Farfalla, Versamina e La bella addormentata nel frigo; quella autobiografica, con un Primo Levi che si ripresenta in divisa zebrata con un «Me, mi conoscete» (Capaneo), raccontandoci le sue trovate per sopravvivere alla fame (Cerio) e l’incontro, a vent’anni di distanza, con uno che stava «dall’altra parte» (Vanadio). Puntano, invece, all’oggi soprattutto tre testi: Il re dei Giudei, in cui Levi delinea per la prima volta in dettaglio la «zona grigia»; Forza maggiore, il cui titolo corrisponde in maniera letteralmente schiacciante all’episodio narrato; infine, Canto dei morti invano, catalogo che Levi ha compilato nel 1985 e che il mondo contemporaneo non smette di aggiornare. Auschwitz è stato l’alfa e l’omega dell’opera di Primo Levi: l’alfa nel 1947 con Se questo è un uomo; l’omega quarant’anni piú tardi con il suo ultimo libro, I sommersi e i salvati. Levi, però, non ha smesso mai di raccontare il Lager, e di indagarlo nell’atto stesso di raccontarlo. A cura di Fabio Levi e Domenico Scarpa.


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