Ilide Carmignani “Sepolcri di cowboy” Roberto Bolaño

Ilide Carmignani Ilide Carmignani, traduttrice di "Sepolcri di cowboy" di Roberto Bolano, Adelphi Editore

Ilide Carmignani
traduttrice di:
“Sepolcri di cowboy”
Roberto Bolaño
Adelphi Editore

www.adelphi.it

Ilide Carmignani “Sepolcri di cowboy” Roberto Bolano

Come ben sanno i numerosi lettori di Bolaño, sin dalle prime righe la sua scrittura ipnotica ci soggioga, trascinandoci in mondi pieni di bagliori corruschi e di inquietante oscurità, di amore e di dolore, di sogni labirintici e di domande senza risposta – i mondi in cui ogni lettore aspira a perdersi quando apre un romanzo. Dopo la morte di Bolaño, a soli cinquant’anni, e mentre il suo nome diventava leggenda, sono stati trovati e pubblicati parecchi inediti, fra i quali i tre abbozzi di romanzi riuniti in questo volume. Ancora una volta, la malìa funziona, e le tre narrazioni – con il riecheggiare di temi ascoltati in altre storie, il riapparire di personaggi che abbiamo incontrato altrove – ci immettono di prepotenza in quel flusso ininterrotto che costituisce l’universo magmatico di Bolaño. Sulle prime due incombe un evento cruciale – il golpe militare con cui l’11 settembre del 1973 venne abbattuto il governo di Salvador Allende –, e ritroviamo dettagli della biografia dell’autore: l’adolescenza messicana, con la scoperta della letteratura e dei film pornografici; il ricordo di una ragazza dagli occhi azzurri che diventerà una desaparecida; i giorni trascorsi dopo l’arresto in una palestra sotto la sorveglianza della polizia. L’ultima, forse la più sorprendente, tutta incentrata su una delirante conversazione telefonica, ci farà scoprire nientemeno che il Gruppo Surrealista Clandestino, il quale sopravvivrebbe da tempo immemorabile nelle fogne di Parigi…

Così comincia “Sepolcri di cowboy”:

“L’aeroporto”
Mi chiamo Arturo e la prima volta che ho visto un aeroporto era il 1968. A novembre o a dicembre, o forse erano gli ultimi giorni di ottobre. Avevo quindici anni allora e non sapevo se ero cileno o messicano e nemmeno me ne importava poi molto. Stavamo andando in Messico da mio padre.
Cercammo di lasciare il paese due volte, la prima fu impossibile ma la seconda ci riuscimmo. La prima, mentre mia madre e mia sorella parlavano con mia nonna e con altre due o tre persone di cui ho completamente dimenticato i visi, uno sconosciuto si avvicinò e mi regalò un libro. So che lo guardai in faccia, di sotto in su perché era molto alto e molto magro, e che lui mi sorrise e con un gesto (non disse una parola) mi invitò ad accettare il suo inatteso regalo. Ho dimenticato anche il suo volto.”


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