GIOVANNI NEGRI

Conversazione

di

Livio Partiti

con

GIOVANNI NEGRI

"PRENDETE E BEVETENE TUTTI"

EINAUDI

 

 

 

«Il commissario allungò la punta del piede
destro sulla scaletta di metallo che lo avrebbe
tradotto agli inferi. Il corpo ancora intirizzito
gli metteva fretta, il caldo insopportabile
lo respingeva. Splendor solis calor Dei.
Lo splendore del sole è il calore di Dio».

Giovanni Negri, Prendete e bevetene tutti. Una indagine del commissario Cosulich

Torna il primo detective del vino e dintorni,
alle prese con un caso che sembra un labirinto.
Risolto un mistero, se ne apre subito un altro,
all'infinito, fra il passato piú buio e il futuro
piú inquietante. Fino a che una verità splendente
e imprevista non lascia a bocca aperta
il piú smaliziato dei lettori.

Chi ha tagliato i freni della Mini dove viaggiava Mario Salcetti,
inventore in Franciacorta delle bollicine italiane?
Che cosa aveva intravisto il sagace, beffardo Salcetti
nei suoi viaggi tra i manoscritti miniati e le antiche abbazie
d'Europa che hanno fatto la storia del Cristianesimo trionfante?
Un terribile, spaventoso segreto, che la Chiesa vuol mantenere
tale, o un gigantesco possibile affare sotto lontani, nebbiosi cieli?
E che cosa significano due frasi latine a prima vista simili,
ma che alludono in realtà a mondi del tutto diversi?
Abbagliato dagli occhi di belle dame molto pallide, o molto
determinate, tra investitori investiti del gravoso compito
di guadagnare a tutti i costi, giornalisti famelici e una nube di altri
pittoreschi personaggi, l'ex astemio Cosulich di una cosa sola
può fidarsi. Della sua propensione a guardare le stelle.

 

ascolta qui la conversazione

 

GIOVANNI NEGRI

 

§

 

così comincia:

L’uomo si versò ancora due dita di whisky. Sentí il calore dell’alcol inondargli il petto e scrutò le occhiaie gonfie
allo specchio. «Tutto sarà come fu, è questa la missione
del Giusto. Il Passato tornerà nel Futuro».

Era nella sua tana calda. Aveva sigillato le finestre per
impedire l’ingresso a ogni spiraglio di luce. Anche le avesse
aperte, nel buio della notte o nel chiarore del giorno avrebbe potuto scorgere solo nebbia e asfalto, asfalto e nebbia,
rotta soltanto da un tremulo neon. Niente di piú sicuro di
un residence anonimo, in una sperduta periferia di città.

Accarezzò il documento di nuovo, come fosse un tesoro. Nessuno lo avrebbe trovato. Nessuno sarebbe giunto
fino a lí. Nessuno avrebbe bussato alla sua porta. Nessuno. «Sono solo io il padrone della verità».

Toccò ciascuna delle quattordici pagine di un testo che
ora era suo. Suo e solo suo. Per un tempo senza fine. Sua
la scoperta, sua la tesi, sue le cifre, suoi i grafici.

Sua la vita che grazie alla fortuna che stringeva fra le
mani sarebbe cambiata per sempre, insieme al mondo.

 

§

 

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§

 

IL POSTO DELLE PAROLE

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