Giovanni Catelli
Albert Camus
7 novembre 1913, la nascita
4 gennaio 1960, la morte
Scrittore francese (Mondovi, Algeria, 1913 – Villeblevin, Yonne, 1960). Rimasto prestissimo orfano di padre, morto nella battaglia della Marna, conobbe un’infanzia e una giovinezza di stenti: tuttavia si distinse negli studi universitari, che non riuscì a compiere per il cattivo stato di salute e per il continuo lavoro cui era costretto. Fu commerciante, commesso, impiegato, per due anni (1936-1937) attore nella compagnia di Radio Algeri. Seguì la sua vocazione di scrittore e di giornalista, prima ad Algeri, dove pubblicò i primi saggi (L’Envers et l’Endroit, 1938; Noces, 1939), poi a Parigi. Antifascista e aderente al partito comunista fin dal 1934, partecipò in Francia attivamente alla Resistenza e fu giornalista engagé soprattutto come redattore e direttore di Combat (1944-48); intanto pubblicava alcune fra le sue opere migliori, i romanzi L’Étranger (1942) e La Peste (1947), i drammi Le Malentendu e Caligula (1944), il saggio sull’assurdo Le mythe de Sisyphe (1944), le nobilissime Lettres à un ami allemand (1945). Dal 1948 sembrò allontanarsi dalla politica militante, cui ritornò però nel 1955-56 (collaborando al giornale L’Express) per i fatti di Algeria; ma si dedicò sempre più alla letteratura e al teatro, con opere che suscitarono continue polemiche: i saggi L’Homme révolté (1951), i racconti La Chute (1956) e L’Exil et le Royaume (1957), le “cronache” Actuelles I, II, III (1950-1958). Ma già nel 1957 – tre anni prima della morte in un incidente automobilistico – il premio Nobel ne consacrò la fama, come una delle più forti personalità della letteratura contemporanea. La sua “filosofia”, che fa tutt’uno con la scena poetica di scrittore, parte dalle sue riflessioni sul destino dell’uomo, nel suo svolgimento assurdo e irrazionale in una realtà ineluttabile, in cui possono trovare posto, per la forza delle circostanze, il delitto quasi involontario o ingiustificabile, la beffa dell’equivoco. Da questa posizione egli giunge alla morale della rivolta, rifiuto di compromessi e di conformismi, che salvi, nella solidarietà umana, nel riscatto dei derelitti, i grandi ideali di libertà e di giustizia, e di verità e di bellezza. La sua è una rivolta dunque non come distruzione, né come rifiuto di tutto, ma come costruzione di vita associata, come creazione libera di un ideale di bellezza. La “dottrina” di Camus può mostrare incoerenze e contraddizioni; la realtà della sua arte convince per la purezza classica del suo stile, per la sofferta adesione al dramma della sua generazione, per il coraggioso messaggio di lotta, di fiducia, che esprimono tutte le sue opere. A quelle già ricordate bisogna aggiungere i saggi L’Eté (1954), i drammi Révolte dans les Asturies (1936), L’État de siège (1948), Les Justes (1950), il romanzo postumo La mort heureuse (1971).
“Ci sono parole che non ho mai capito bene, come peccato. Credo tuttavia di sapere che questi uomini non hanno peccato contro la vita. Perché, se esiste un peccato contro la vita, non è forse tanto il disperarsene quanto lo sperare in un’altra vita, e sottrarsi all’implacabile grandezza di questa.”
Giovanni Catelli
“Camus deve morire”
Nutrimenti Edizioni
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È il gennaio del 1960 quando l’auto su cui è a bordo Albert Camus, in viaggio verso Parigi, sbanda in pieno rettilineo e si schianta contro un albero a un centinaio di chilometri dalla capitale. Insieme a Camus, muore anche il suo editore e amico Michel Gallimard, che era alla guida.
Dopo più di quarant’anni, dai diari del traduttore e poeta ceco Jan Zébrana emerge un appunto che getta nuova luce su quello che all’epoca venne archiviato come un incidente. Sulla morte di Camus si allunga l’ombra del Kgb, che avrebbe fatto manomettere l’auto su ordine dell’allora ministro degli esteri sovietico Šepilov. Camus, infatti, si era battuto contro l’intervento dell’Urss in Ungheria nel 1956, e in numerosi articoli e discorsi pubblici aveva attaccato personalmente il potente uomo politico russo. Senza contare il suo sostegno alla candidatura al Nobel per Boris Pasternak, scrittore osteggiato e inviso in patria.
Questo volume riapre il mistero della morte dello scrittore francese, muovendosi tra sospetti e testimonianze a caccia di una possibile risposta. Allo stesso tempo, restituisce il clima di un intero periodo storico, grazie a dettagli e aneddoti spesso inediti su figure come Zábrana e Pasternak, che vissero, pagando di persona, l’atmosfera opprimente della guerra fredda.
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