Francesco Felici “Il libro del mare”

Francesco Felici Francesco Felici, traduttore de "Il libro del mare" di Morten A. Stroksnes, Iperborea

Francesco Felici, traduttore
“Il libro del mare”
O come andare a pesca di uno squalo gigante con un piccolo gommone in un vasto mare
Morten A. Stroksnes
Iperborea Edizioni

iperborea.com

Nelle profondità del mare intorno alle isole Lofoten vive il grande squalo della Groenlandia, un predatore ancestrale nonché il vertebrato più longevo del pianeta, tanto che oggi potremmo imbatterci in un esemplare nato prima che Copernico scoprisse che era la terra a girare intorno al sole. “Il libro del mare” è la storia vera di due amici, Morten Strøksnes e un eccentrico artista-pescatore, che con un piccolo gommone e quattrocento metri di lenza partono alla caccia di questo temuto abitante dei fiordi. Un’avventura sulla scia di Melville e Jules Verne che diventa un caleidoscopico compendio di scienze, storia e poesia dell’universo marino: dalle antiche leggende dei marinai alla vita naturale degli abissi, dalla biologia alla geologia e alle grandi esplorazioni oceaniche, dal Leviatano e i mostri acquatici ritratti da Olao Magno nel ’500 alle specie incredibilmente reali di meduse a trecento stomaci, draghi di mare e calamari «lampeggianti». Un viaggio attraverso il Paleocene e gli odierni allarmi ecologici, che spazia dal Libro di Giona al “Maelström” di Edgar Allan Poe, raccontandoci un mondo che ci rimane in gran parte oscuro e che con i suoi misteri custodisce l’origine della vita. Ma “Il libro del mare” è anche una riflessione sulla storia naturale dell’uomo, che è arrivato a mappare l’intero globo e a navigare tra le stelle, eppure sembra conservare un’ossessione per il mito del mostro, forse per un atavico istinto predatorio, o per la paura dell’ignoto che ancora oggi il mare ci risveglia.

Così comincia:

Ci sono voluti tre miliardi e mezzo di anni da quando la prima forma di vita elementare è comparsa nel mare a quando mi è arrivata quella telefonata di Hugo, un sabato sera di luglio, tardi, mentre mi trovavo a una cena animata nel centro di Oslo.
«Hai visto le previsioni per settimana prossima?» è quanto mi ha chiesto.
Aspettavamo da tempo una particolare condizione metereologica. Non sole, o caldo, e nemmeno niente pioggia. Quel che ci serviva era meno vento possibile nel tratto di mare tra Bodø e le Lofoten, più precisamente nel Vestfjorden. E quando serve bonaccia nel Vestfjorden è meglio non avere fretta. Avevo seguito le previsioni per settimane. Davano vento fresco o teso, mai semplice brezza, brezza leggera, bava o calma. Alla ne mi ero quasi dimenticato di controllarle, lasciandomi andare al pigro ritmo vacanziero di Oslo, tra giornate calde e notti bianche.
Ma non appena ho sentito la voce di Hugo, che odia il telefono e chiama solo per comunicazioni fondamentali, ho capito che le previsioni erano quelle giuste.
«Domani prendo il biglietto, lunedì pomeriggio atterro a Bodø», ho risposto.
«Bene, ci vediamo.»

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