“Festival delle Colline Torinesi”

Festival delle Colline Torinesi Festival delle Colline Torinesi

“Festival delle Colline Torinesi”
Sergio Ariotti, direttore artistico

“Festival delle Colline Torinesi”: intervento di Sergio Ariotti, direttore artistico

Gentili amici, artisti, spettatori, giornalisti, operatori, vi ringrazio per l’attenzione. Proprio in questi giorni nei quali viene diffuso questo intervento avrebbe dovuto svolgersi alla Fondazione Merz di Torino, tradizionale alleato, la presentazione della 25esima edizione del Festival delle Colline Torinesi. L’epidemia ce lo ha impedito ed è giusto che ciascuno di noi sia ancora in casa. Per superare la crisi e tra le altre cose, magari, tornare a teatro. Dalla mia di casa vi parlo per qualche cenno su un programma che non verrà organizzato nelle date previste, cioè dal 4 al 20 giugno, ma in altro periodo che non possiamo ancora precisare. Il Festival nel nuovo periodo difficilmente avrà proprio lo stesso programma, per ragioni evidenti: altri impegni delle compagnie e degli artisti, mutata disponibilità degli spazi. Sarà nostra cura operare perché le differenze siano minime. Il cartellone preparato per giugno, concedetemi la valutazione che spetterebbe ad altri, è infatti di particolare interesse. E non vorremmo perdere nulla. Intanto mi piace sottolineare che 25 – venticinquesima edizione – significa un quarto di secolo di programmazione. Un bel tragitto. Assolutamente da festeggiare insieme al pubblico quando e come sarà possibile. Ma da festeggiare anche con iniziative tipo mostre e incontri in web, su cui stiamo ragionando. Il successo del Festivalè nato in primo luogo da un patto con gli artisti e gli spettatori e chiama in causa la fiducia dei sostenitori pubblici e delle fondazioni private, la collaborazione del Teatro Stabile di Torino, del Circuito Piemonte dal Vivo, di altri partner anche internazionali e da un biennio la condivisione fondamentale della Fondazione Teatro Piemonte Europa diretta da Valter Malosti. Un successo che va assolutamente a onore di uno staff eccezionale che negli anni è anche cambiato. Molti dei collaboratori ora con altri incarichi professionali fuori dal Festival non mancano mai di far sentire il loro appoggio.
Vogliamo accennare al lavoro fatto per la venticinquesima edizione. Solo pochi indizi. Il segmento internazionale del Festival sarebbe stato inaugurato cosi come il cartellone complessivo dalla Needcompany di Jan Lauwers, attore, autore, regista belga di formidabile talento e qualità. Lo spettacolo “All the Good” avrebbe portato a Torino, anche grazie al sostegno del Governo delle Fiandre, e crediamo porterà a Torino più avanti, una creazione di sicuro interesse con più linguaggi espressivi rappresentati, prosa, musica, danza, arte contemporanea.

Il Festival 2020 si sarebbe concluso con una Trilogia di Licia Lanera: Cechov, Majakovskij, Bulgakov. Poi, in mezzo, vari spettacoli e artisti italiani e europei provenienti da Ungheria, Serbia, Francia, grandi interpreti, giovani autori, registi, attori italiani, spesso segnalatisi con la vittoria di premi, giovani a cui il Festival delle Colline Torinesi ha sempre riservato molta attenzione. Una parola d’ordine per noi è, da sempre, «accompagnare». In tutto: 22 spettacoli, 53 recite e 7 prime nazionali.
Il Festival 2020 per quel che riguarda gli argomenti proposticompleta il triennio ministeriale dedicato al viaggio. Motivi di ispirazione non solo il viaggio dei migranti ma anche altri tipi di viaggio, nelle biografie, nella storia e nella memoria ad esempio. Per una volta però, proprio per la venticinquesima edizione,vorremmo considerare pure il viaggio alla riscoperta di taluni motivi ricorrenti del Festival, quali il far spettacolo fuori dai teatri, la contaminazione dei linguaggi, la ricerca di una nuova lingua drammaturgica. Ricordo che nel 1996 e nei tre-quattro anni successivi il Festival volle riflettere sulla cosiddetta «insoddisfazione della lingua» portando in scena autori come Testori, Gadda, Cappuccio, Guerra, Tarantino e poi Spiro Scimone, Emma Dante, Saverio La Ruina che proprio dalla contaminazione tra le lingue e i dialetti erano partiti. Furono gli anni delle prove di grandi artisti come Marisa Fabbri, Galatea Ranzi, Roberto Herlitzska, Massimo Popolizio, Mauro Avogadro, lo stesso Malosti. Poi ci fu la sterzata verso la creazione contemporanea, quella più sperimentale, con Motus, Socìetas, Pippo Delbono, Fanny&Alexander, Ricci/Forte, Teatro delle Albe, Antonio Latella, Anagoor, Marcido, Deflorian/Tagliarini, Cuocolo/Bosetti, Rodrigo Garcia, Hubert Colas, Wajdi Mouawad, Rabih Mroué, Amir Reza Koohestani, Ludovic Lagarde e tanti altri. Si indagarono successivamente vari temi: i rapporti tra le generazioni, il teatro al femminile, l’identità di genere, il viaggio. Negli ultimi anni il Festival si è apparentato a quei festival europei, a partire da Avignon e Kunstenfestivaldesarts che indagano nella sperimentazione e la suggeriscono al pubblico. Dopo lo shock del corona virus credo che le relazioni con l’Europa vadano rilanciate, nonostante tutte le difficoltà. Quelle con altri festival italiani hanno visto il Festival delle Colline Torinesi farsi promotore di una rete estesa.
Al pubblico e agli interpreti chiedo di aspettarci con fiducia. Appena sarà possibile. Distanziati o riavvicinati.
Sergio Ariotti

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