Fabio Isman “Gli ultimi prigionieri. L’arte trafugata dai nazisti, ieri e oggi”

Fabio Isman. L'Italia dell'arte venduta. Il Mulino Editore Fabio Isman. L'Italia dell'arte venduta. Il Mulino Editore

Fabio Isman
“Gli ultimi prigionieri. L’arte trafugata dai nazisti, ieri e oggi”
Festival del Mondo Antico, Rimini

Venerdì 21 luglio ore 21.30
Nell’ambito della XXV edizione del Festival del mondo antico
Rimini, Arena Francesca da Rimini Piazza Malatesta 27
Fabio Isman e Giovanni Sassu
Gli ultimi prigionieri. L’arte trafugata dai nazisti, ieri e oggi

L’arte rubata dai nazisti è l’ultima prigioniera di guerra: ancora oggi, 80 anni dopo, ogni settimana inizia un processo, o nasce una rivendicazione. È un problema che riguarda la memoria, ma anche l’oggi. Casi famosi, le ultime indagini e qualche perdita irrimediabile: “E pensare che Hitler aveva indicato come data di fine lavori del suo museo a Linz il 1950: per fortuna, non è andata così”, dice Fabio Isman, celebre giornalista e scrittore.

Fabio Isman, giornalista e scrittore, è stato per molti anni inviato del «Messaggero». Con il Mulino ha pubblicato «Andare per le città ideali» (2016), «L’Italia dell’arte venduta» (2017), «1938, l’Italia razzista» (2018), «Andare per l’Italia degli intrighi» (2020) e, da ultimo, «La Roma che non sai. Viaggio nei segreti della città eterna» (2023).

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Fabio Isman
L’ Italia dell’arte venduta. Collezioni disperse, capolavori fuggiti
Il Mulino Editore

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Quadri, statue e sculture, libri e intere biblioteche, codici miniati, porcellane, mobili, manufatti pregiati: l’Italia ha sempre venduto la propria arte. Perché mutano i gusti, o perché i patrimoni vanno in rovina, e a chi per secoli ha commissionato o posseduto i capolavori spesso non resta che il blasone. È una storia che vale la pena di narrare, al di là delle catastrofi causate dai conflitti, sempre irrispettosi dell’arte, o dei criminali scavi archeologici che alimentano i lucrosi mercati internazionali. Questa grande fuga ha condotto infinite opere di valore fuori dal nostro paese: a poco vale consolarsi con il tantissimo che ci è rimasto, se non si riflette sul moltissimo che è sparito.


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