Guido Ceronetti
A ricordo, nel giorno della sua scomparsa
una conversazione registrata per “il posto delle parole” il 3 novembre 2012, in occasione di un incontro ad Alba (Cuneo).
È morto nella sua casa di Cetona, in provincia di Siena, Guido Ceronetti, poeta, filosofo e scrittore. Aveva 91 anni. Nato a Torino, viveva da tempo in Toscana: era uno dei maggiori intellettuali contemporanei e conduceva un’esistenza ritirata, quasi ascetica. “Non ho paura di morire. Solo di soffrire. Uno ha già tribolato fin qui, e adesso tribolare in un letto di ospedale, no grazie”, aveva dichiarato in un’intervista. Ammalato da lungo tempo, era costretto a muoversi con l’aiuto di un deambulatore: ad agosto era stato ricoverato per un’ischemia cerebrale.
Ceronetti è noto soprattutto per la sua opera di traduttore: dal latino ha reso in italiano opere di Marziale, Catullo, Giovenale e Orazio; dall’ebraico cinque libri della Bibbia (Salmi, Qohèlet, Cantico dei Cantici, Libro di Giobbe e Libro di Isaia). Fu anche giornalista (cominciò a collaborare con La Stampa nel 1972) e drammaturgo: nel 1970 diede vita al Teatro dei Sensibili, allestendo insieme alla moglie Erica Tedeschi spettacoli di marionette a cui assisterono personalità quali Eugenio Montale, Guido Piovene, Natalia Ginzburg, Luis Bunuel e Federico Fellini. A partire dal 1985, il Teatro dei Sensibili divenne pubblico e itinerante.
L’ultimo libro, Messia, scritto a Cetona, è uscito nel 2017.
conversazione con Guido Ceronetti – 03 novembre 2012
Guido Ceronetti
“Messia”
Adelphi Editore
www.adelphi.it
«Non l’aspetto, non mi pare di averlo mai aspettato» dichiara Ceronetti, senza nascondersi tuttavia che il tema fluttua da sempre nel suo «mondo mentale», anzi è «centrale e sigillato come l’ombelico». Tant’è che soltanto lui poteva darci questo piccolo libro prezioso, in cui, armato solo delle sue domande appassionate e della sua immensa erudizione, egli parte alla ricerca di presenze e testimonianze messianiche nei testi degli autori che da sempre frequenta e ama: da Eraclito a Isaia, da Buber a Dostoevskij, da Rimbaud a Beckett, da Cechov a Kafka. E in tal modo ci indica una via, e ci spalanca orizzonti: perché, ci dice, «pensare messianicamente, sia pure con una forzatura malinconica, trattiene la mente dal precipitare nell’incretinimento generale», e perché nessuno quanto lui sa che, per quanto ignari, si vive tutti nell’attesa del Messia.
Orazio
“Odi”
Scelte e tradotte da Guido Ceronetti
Adelphi Editore
www.adelphi.it
L’amore per Orazio e il desiderio di tradurlo accompagnano Guido Ceronetti sin da quando, diciottenne, si cimentava in versioni oggi «ripudiatissime»
L’Orazio interruptus viene poi ripreso al principio degli anni Ottanta col progetto, mai realizzato, di una piccola edizione concepita come prima tappa di un «viaggio ascetico verso il puro non-essere, lo spogliarsi d’ogni illusione e farsi jıvanmukta in compagnia di Orazio». Per Ceronetti, infatti, Orazio è lontano mille miglia dal poeta sondato e scrutato dalla filologia classica: il suo stile non è fredda accademia augustea, semmai «contrazione della vita, mediante l’impegno della parola», il che esige «tutto il fuoco della passione rivolto ad un $ne che la contraria» – fuoco contratto, dunque. E a lui ancor meglio che a Kavafis si attaglia quel che diceva la Yourcenar: «Siamo così abituati a vedere nella saggezza un residuo delle passioni spente, che fatichiamo a riconoscere in lei la forma più dura, più condensata dell’Ardore, la particella aurea nata dal fuoco, e non la cenere». Dopo più di trent’anni il viaggio attraverso il «deserto fiorito» di Orazio ha preso la forma di ventotto traduzioni, che bastano a metterci di fronte a qualcosa di totalmente imprevisto: malgrado la sua fama ininterrotta, del più classico dei classici ci era sinora sfuggita l’anima segreta.
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