DOMIZIANO PONTONE

Conversazione di Livio Partiti con Domiziano Pontone

 

 

«Tutti siamo in grado di guardare un film:
e questa cosa, invece di spingerci a considerare il cinema
un potentissimo mezzo per comunicare delle idee, ci porta a sottovalutarlo.
Se lo possono capire tutti, siamo portati a pensare, non è cultura».
(dalla Prefazione di Marco Malvaldi)

 

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DOMIZIANO PONTONE

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Inevitabilmente un titolo come L’educazione cinematografica non può che rimandare a L’educazione sentimentale di Flaubert.
Con tutto il rispetto dovuto allo scrittore francese, lo scopo di questo libro, lungi dal porsi come romanzo, è di rilevare come anche l’avvicinamento al cinema necessiti in qualche modo di “educazione”.
La facile fruibilità e immediatezza dei film non devono, infatti, destituire il cinema stesso della sua importanza.
Non a caso, da poco maggiorenne, esso fu definito come «settima arte» da Ricciotto Canudo.
Tuttavia, se si tratta di arte, come l’Arte in sé è oggetto di studio nelle scuole, tanto quanto la Letteratura e la Musica, non si capisce per quale motivo non si dovrebbe dedicare un minimo di spazio anche a quest’ultima sorella minore che ha saputo conglobare tutte le precedenti, in alcuni casi sublimandole mediante opere di spessore assoluto.
In attesa che qualche Ministro dell’Istruzione ci ragioni su, specie tenendo presente quanto il cinema abbia peso nell’orientamento culturale e sociale odierno, questo piccolo libro tenta di dare una sventagliata non cattedratica sulla “settima arte”, quel misterioso coacervo di capacità umane che s’incarna nella stessa densità materica del sogno.
Una cosa è certa: se è assai difficile incontrare qualcuno che non sia mai andato al cinema, probabilmente è del tutto impossibile trovare qualcuno che non abbia mai visto – tout court – un film. Dunque, la settima arte è arcinota e piace.
Questo libro desidera pertanto essere anzitutto divulgativo e dare – insieme a qualche strumento e a molte curiosità – alcune possibili chiavi di lettura a coloro i quali vorrebbero “saperne di più”, senza per questo voler divenire oltranzisti della semiotica cinematografica.
Il tutto tenendo presente quanto possa nascondere insidie mettere su carta qualcosa che peraltro appartiene alla celluloide, se consideriamo quanto sia vero l’icastico pensiero dello studioso francese Christian Metz: «Il cinema è difficile da spiegare perché è facile da capire».

 

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