Viola Di Grado
traduttrice del libro
“Da grande”
Jamy Attenberg
Giuntina
giuntina.it
Su richiesta della sua analista, Andrea Bern si definisce: sono una donna, una designer, un’amica; sono tecnicamente ebrea, sono una figlia, una sorella, e vivo a New York. Ma quello che pensa davvero dentro di sé è: sono sola, sono un’ex artista, una bevitrice, un’urlatrice a letto, il capitano di una nave che affonda, e ci vuole un gran coraggio per vivere quando tutti intorno a te sembrano avere chiaro cosa significhi essere adulto, quando amici e parenti si sposano e mettono al mondo dei bambini e tu continui a lottare con l’esistenza, a voler vivere secondo le tue regole e sei pronta a qualsiasi espediente pur di trovare un po’ di pace per il presente e un po’ di riparo dal passato. A un certo momento però la vita ti costringe a riesaminare tutto e a decidere cosa conta davvero. Allora finalmente la compassione troverà la via per venire fuori e prevalere su tutto il resto.
Jami Attenberg (1971) è autrice di cinque romanzi. Laureata alla John Hopkins University, collabora con riviste e giornali tra cui il New York Times e Nerve. Dei Middlestein (Giuntina, 2014) Jonathan Franzen ha scritto: “I Middlestein mi hanno conquistato fin dalle prime pagine, e una volta giunto alle ultime ho ammirato la compassione di Jami Attenberg e la sua maestria nel saper raccontare una storia”.
Viola di Grado (1987) è l’autrice di Settanta Acrilico Trenta Lana (2011) – vincitore del premio Campiello Opera Prima e del premio Rapallo Carige Opera Prima e nalista all’IMPAC Dublin Literary Award – e di Cuore Cavo (2013), finalista al PEN Literary Award. Ha vissuto a Kyoto, Leeds e Londra, dove si è laureata in Filosofia e dell’Asia orientale. I suoi libri sono tradotti in otto Paesi.
Viola Di Grado
“Bambini di ferro”
La Nave di Teseo
Una mattina di un’estate, in un Giappone di un’era imprecisata, la direttrice dell’Istituto Gokuraku, Sada, e la sua assistente, Yuki, prelevano da una vecchia casa una bambina rimasta orfana: la piccola Sumiko. Presto si accorgono che Sumiko non intende parlare, mangiare, interagire con niente e nessuno; i suoi occhi sono persi in un punto indefinito davanti a sé, su qualcosa che sembra nulla.
Anche Yuki, venticinque anni prima, è stata ospite dell’istituto: privata dei genitori, è stata sottoposta a un programma di accudimento materno artificiale il cui fallimento ha generato dei “bambini difettosi”, con nati in istituto sotto la guida e le cure soffocanti di Sada. Yuki dovrebbe essere la tutrice di Sumiko, ma viene risucchiata nella spirale dei suoi silenzi e della sua fissità, trascinata in una “zona pericolosa”, uno spazio interiore frammentato da cui pensava di essere uscita per sempre. Sumiko si rivelerà essere custode dei segreti del passato e dei traumi
di Yuki, ma anche la sua possibilità di salvezza.
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