Valérie Perrin
“Il quaderno dell’amore perduto”
Editrice Nord
www.editricenord.it
“Una storia delicata per ritrovare il coraggio di essere se stessi”
La vita di Justine è un libro le cui pagine sono l’una uguale all’altra. Segnata dalla morte dei genitori, ha scelto di vivere a Milly – un paesino di cinquecento anime nel cuore della Francia – e di rifugiarsi in un lavoro sicuro come assistente in una casa di riposo. Ed è proprio lì, alle Ortensie, che Justine conosce Hélène. Arrivata al capitolo conclusivo di un’esistenza affrontata con passione e coraggio, Hélène racconta a Justine la storia del suo grande amore, un amore spezzato dalla furia della guerra e nutrito dalla forza della speranza. Per Justine, salvare quei ricordi – quell’amore – dalle nebbie del tempo diventa quasi una missione. Così compra un quaderno azzurro in cui riporta ogni parola di Hélène e, mentre le pagine si riempiono del passato, Justine inizia a guardare al presente con occhi diversi. Forse il tempo di ascoltare i racconti degli altri è finito, ed è ora di sperimentare l’amore sulla propria pelle. Ma troverà il coraggio d’impugnare la penna per scrivere il proprio destino?
Una storia delicata e commovente, un’autrice capace di descrivere con efficacia e tenerezza ogni sfaccettatura dei sentimenti: sono questi gli elementi che hanno conquistato la critica e che rendono Il quaderno dell’amore perduto un romanzo destinato a restare a lungo nel cuore di tutti i lettori che credono nel potere dei ricordi e dell’amore.
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“Mi chiamo Justine Neige. Ho ventun anni. Lavoro da tre anni alla casa di riposo Le Ortensie. Faccio l’aiuto infermiera. In genere, le case di riposo hanno nomi di alberi, tipo I Tigli o I Castagni, ma quella in cui lavoro io è stata costruita accanto a una macchia di ortensie. Per cui nessuno ha pensato agli alberi, anche se l’edificio sorge ai margini di un bosco.
Amo due cose: la musica e la terza età. Più o meno un sabato su tre vado a ballare al Paradis, che dista una trentina di chilometri dalle Ortensie. Il mio «Paradiso» è un cubo di cemento armato, buttato in mezzo a un prato, con un parcheggio di fortuna dove a volte, intorno alle cinque del mattino, infilo la lingua impastata di alcol nella bocca di qualche esponente del sesso opposto.
Ovviamente amo anche mio fratello Jules (che in realtà è mio cugino) e i miei nonni paterni. Jules è l’unico giovane che io abbia avuto accanto, a casa, durante la mia infanzia. Sono cresciuta con la terza età. Ho saltato una casella.
Divido la mia vita in tre: di giorno mi prendo cura degli anziani, di notte leggo con la loro voce e il sabato sera ballo per recuperare un briciolo di quella spensieratezza che la seconda età mi ha portato via nel 1996.
La seconda età, ovvero quella dei miei genitori e dei genitori di Jules. Che hanno avuto la pessima idea di morire in un incidente stradale, tutti e quattro, una domenica mattina. Ho visto l’articolo che la nonna ha ritagliato dal giornale. Non l’ha fatto perché lo trovassi, anzi ho dovuto frugare per scovarlo. C’era anche la foto dell’auto.
A causa loro, Jules e io abbiamo trascorso tutte le domeniche nel cimitero del paese a mettere fiori freschi su una grande tomba su cui campeggiano, incorniciate da due angioletti, la foto delle nozze di mio padre e di mio zio. Una sposa è bionda, l’altra mora. La mora è mia madre, la bionda è la madre di Jules. Nelle foto, lo sposo della bionda e quello della mora sono la stessa persona. Stesso abito, stessa cravatta e stesso sorriso. Mio padre e mio zio erano gemelli. Com’è possibile che lo stesso uomo si sia innamorato di due donne diverse? E com’è possibile che due donne amassero lo stesso uomo? Me lo chiedo ogni volta che varco i cancelli del cimitero. Ma nessuno può rispondere. Forse è per questo che ho perso la mia spensieratezza: perché mi mancano le risposte di Christian, Sandrine, Alain e Annette Neige.”
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