Beatrice Gatteschi, Roberto Maier
“Il turbante azzurro”
nota di lettura di Silvano Petrosino
EDB Bologna
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«Non so come, stiamo parlando di deserto e comincio a raccontare la storia di Lawrence d’Arabia e del suo bellissimo turbante azzurro e scivolo discretamente nel discorso, buttando lì che probabilmente dovrò sottopormi a una cura che mi farà perdere i capelli. Ricordo come una lama affilata il commento di mio figlio: “Allora mamma, vuol dire che hai avuto un tumore; anche un bambino a scuola è senza capelli perché ha avuto un tumore, quelli che perdono tutti i capelli hanno un tumore”».
Un duetto sul tempo della malattia dove la scrittura diventa indagine, scavo, consolazione. E dove «stare» è un verbo attivo.
“Non abbiamo mai avuto potere sulla malattia, ma in altre epoche avevamo delle parole, azzardavamo un discorso. Difficile sostenere che fossero le parole giuste, ma c’erano; come capita spesso con le parole, venivano rovinate dall’uso e dalla retorica e, come capita più raramente, venivano talvolta affinate dal pensiero. Di fatto erano lì disponibili, non tanto per dare spiegazioni ma per evitare che calasse un sipario di silenzio, perché si potesse ancora parlare e vivere, per poter abitare anche un luogo così impervio come il confronto con il male e con la morte. Un giorno invece -forse per rinunciare a consolazioni troppo a buon mercato- abbiamo deciso di farne a meno, abbiamo gettato via le antiche parole senza accorgerci di non essercene procurate altre…”
Beatrice Gatteschi è laureata in Lettere classiche con una tesi sulla commedia antica. È responsabile di una libreria universitaria a Milano.
Roberto Maier, prete milanese, insegna Teologia all’Università Cattolica e alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale.
Silvano Petrosino è docente di Semiotica all’Università Cattolica di Milano.
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