Paolo Terzolo
“Carlo Terzolo. La realtà immaginata”
Spazio Don Chisciotte, Via della Rocca 3b, Torino
Fondazione Bottari Lattes
fondazionebottarilattes.it
Mostra fino a sabato 21 aprile 2018
Martedì – sabato, ore 10.30-12.30 e ore 15-19
ingresso libero
La realtà immaginata, curata dai figli Luca e Paolo Terzolo in collaborazione con Vincenzo Gatti, propone una quindicina di opere, prevalentemente olii su tela, di diverse dimensioni, realizzati dal pittore a partire dai primi anni Sessanta. Una selezione che, invece di privilegiare le raffigurazioni paesaggistiche, intende sottolineare l’attenzione del pittore verso gli aspetti più concreti della realtà (la vita quotidiana, gli interni, gli oggetti, le persone), vista però al filtro di un’immaginazione allusiva e straniante.
Attento osservatore della realtà, Terzolo non era un pittore en plein air; di ritorno dalle sue ricerche e osservazioni, nel suo studio dipingeva basandosi su appunti di schizzi riportati sui taccuini o su appunti impressi nella sua memoria. Da uno spunto, da una storia, rielaborava la realtà, senza mai perdere la concretezza, ma creando un mondo allusivo che riportasse anche ad altro, oltre al puro riferimento al reale.
Pino Mantovani, ricordando l’amicizia di Terzolo con Cesare Pavese, con cui l’artista condivideva la passione per la cultura americana, sottolinea come la sua opera rivela parallelismi con la pittura americana realista degli anni Trenta e Quaranta. Notava, infatti, Mantovani: «Mi solletica la curiosità se mai Terzolo abbia conosciuto a tempo e apprezzato i pittori “regionalisti” statunitensi, che incrociarono gli anni della Grande Depressione e che, in qualche caso, oltre il recupero in immagine della vita contadina tradizionale, teorizzarono addirittura una mitologia dell’arcaico e dell’autoctono. In questa direzione Terzolo potrebbe aver tratto giovamento dalla frequenza di Cesare Pavese (i due si conobbero adolescenti a Reaglie dove le famiglie erano vicine di casa)».
Con la mostra Carlo Terzolo. La realtà immaginata, la Fondazione Bottari Lattes vuole riportare all’attenzione di pubblico e critica a Torino il lavoro di uno dei pittori piemontesi più significativi del Novecento. E intende farlo anche perché Mario Lattes, a cui la Fondazione e lo Spazio Don Chisciotte sono dedicati, è stato ammiratore di Carlo Terzolo e in una recensione così tratteggiava la poetica del pittore astigiano: «Ciò che impegna l’umanità di questo pittore è piuttosto un’intatta speranza nella vita, fatta, insieme, di rimpianto e candore e di un dolente “irreparabile”. […] Terzolo lascia operar la fantasia sul vero con estremo rispetto per l’apparente consistenza della realtà».
I curatori Luca e Paolo Terzolo illustrano la mostra
A partire dai primi anni Sessanta l’opera di Carlo Terzolo segna una svolta netta, per definire la quale il critico Carluccio non esita a mettere in campo termini come Surrealismo e Iperrealismo. Nei primi incontri da cui nacque l’idea di questa mostra venne naturale indicare come “metafisiche”, tra indispensabili virgolette, le opere che ne avrebbero costituito il nucleo centrale. Etichetta consapevolmente scorretta ma forse utile, soprattutto nel parlato, per designare quadri come “Interno 1959” (al quale è stato dedicato il posto d’onore) o “La scelta della cartolina”. Quadri nati, come gli altri che compongono la serie, da una lunga e meticolosa elaborazione, da uno studio che non lascia nulla al caso, da un’infinita serie di schizzi, di ipotesi alternative, di varianti millimetriche. Quadri nei quali la realtà viene scissa e ricomposta secondo logiche interne solo alla logica dell’opera stessa. Una curiosità: la base dell’espositore delle cartoline (assurda a un’analisi un minimo sottile) è la metà inferiore dell’attaccapanni dell’“Interno 1959”.
Una selezione in qualche modo tematica come quella ora proposta impone sempre scelte dolorose. Abbiamo sacrificato i grandi paesaggi, le cascine, le fornaci. Ci siamo tuttavia concessi qualche deroga diacronica come nel caso del più vecchio dei pezzi esposti: “I pini di Natale”, addirittura del 1924, della collezione di Mario Lattes; opera che risulta interessante come indubbio “precedente” del “Triciclo” datato 1971-74. Al di là della tecnica (post-impressionista quella del primo, secondo De Bartolomeis, pressoché iperrealista quella del secondo) molto, moltissimo li apparenta. Forse un segno che un qualcosa di “metafisico” in attesa di manifestarsi compiutamente già fosse presente sin dall’inizio nel lavoro di Terzolo. E tuttavia, per l’opera di Terzolo andrebbe coniato un nuovo termine identificativo, capace di fondere la polarità “metafisica” con la tecnica “iperrealista”. Gli oggetti e gli spazi toccati dal pennello di Terzolo, infatti, sembrano diventare improvvisamente conoscibili e davvero visibili per la prima volta grazie alla scelta di fermarli sulla tela in un silenzio straniante. La fisicità di oggetti e persone si amplifica, nello spazio pittorico, in una diversa e straniata dimensione. Proprio come fa la letteratura che rende visibile la realtà nominandola.
Un’ultima nota: la maldestra, molto “cittadina”, ragazza che insegue la gallina e sta per balzarle addosso nell’ultimo quadro di Carlo Terzolo (“Ragazza con le galline”) può essere letta come una inconscia risposta alla battuta che Lattes, parlando di Chagall, gli mette in bocca in un articolo del ’52: “Non riuscirei mai a introdurre nei miei paesaggi una figura che vola salvo che volessi rappresentarla nell’atto di spiccare un salto”.
Carlo Terzolo
Carlo Terzolo nasce a Incisa Scapaccino (Asti) da famiglia di agricoltori. Negli anni 1919-27 studia pittura all’Accademia Albertina di Torino. Nel 1923 soggiorna per breve tempo a Siena, dove tornerà nuovamente nel corso dell’anno accademico 1924-25, quando gli è assegnato il premio della pittura consistente in una borsa di studio che utilizza per un viaggio attraverso l’Italia. Del 1925 è anche il suo primo viaggio a Parigi, dove, introdotto da Prampolini, frequenta l’ambiente artistico e culturale. Nel 1928 apre uno studio in via Cardinal Maurizio 30 a Torino (che terrà per oltre trent’anni), dove ospita Spazzapan nei primi giorni del suo arrivo da Gorizia. Negli anni precedenti l’ultimo conflitto mondiale svolge intensa attività espositiva, partecipando anche a mostre internazionali. Nel 1934 è invitato alla sua prima Biennale di Venezia (in totale saranno cinque; in quella del 1940 allestisce una mostra personale). Sempre presente alle Quadriennali di Roma, vedrà le sue opere esposte anche all’estero nelle mostre itineranti organizzate dalla Biennale di Venezia. Nel 1950 vince il primo premio “Città di Torino” alla Promotrice. Del 1952 è la mostra personale alla galleria La Bussola di Torino (presentata in catalogo da Italo Cremona). Seguono le personali nel 1965 alla Galleria Del Vantaggio di Roma (con presentazione di Giovanni Arpino) e nel 1971 alla galleria L’Approdo di Torino (con presentazione di Luigi Carluccio). Nel 1971, per il suo compleanno, la Città di Asti gli dedica una grande mostra nel Battistero di San Pietro.
Da segnalare la sua attività di affrescatore. Oltre a realizzare affreschi in cappelle e chiese, esegue anche un vasto affresco nel Salone delle contrattazioni della Borsa Merci di Torino. Su una parete di oltre 92 metri quadrati dipinge raffigurazioni simboliche del lavoro, dove le scene hanno per tema il mondo agricolo come la raccolta delle olive, la vendemmia, la pigiatura dell’uva.
Muore nel 1975.
Nel 1980 la Regione Piemonte lo ricorda con un’ampia selezione di opere nelle sale di Palazzo Chiablese. Nel 2001 la città di Nizza Monferrato gli rende omaggio con una grande mostra a Palazzo Crova. Tra dicembre 2012 e gennaio 2013 la città di Rivoli gli dedica una antologica.
Accanto all’attività artistica, Terzolo affianca una lunga esperienza didattica prima al Liceo Artistico di Torino poi alla Cattedra di Decorazione dell’Accademia Albertina.
Di lui hanno scritto, tra gli altri, Giovanni Arpino, Marziano Bernardi, Renzo Biasion, Luigi Carluccio, Italo Cremona, Francesco De Bartolomeis, Angelo Dragone, Mario Lattes, Pino Mantovani.
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