Nadia Fusini
“Vivere nella tempesta”
Einaudi Editore
«Da anni vivo nella Tempesta di Shakespeare, la leggo, la rileggo. Passano gli anni e io sono qui, immersa in quel che significano la tempesta e il mare e il naufragio e la salvezza in Shakespeare. E nel tempo osservo che il fatto stesso di esistere ci espone alla tempesta. C’è un che di “tempestoso” nella vita di tutti»
Un libro può essere come una conchiglia che accosti all’orecchio e vi senti riecheggiare pensieri ed emozioni. Può essere un amico del cuore che ti accompagna e sostiene nell’atto quotidiano del vivere. La Tempesta di Shakespeare, con i suoi racconti di isole, mari e naufragi, con Caliban la bestia che spaventa e Miranda la fanciulla bella e innocente, è per Nadia Fusini una conchiglia piena di voci e suoni, un testo parlante che può aiutare chi lo sappia ascoltare a prendere coscienza delle grandi e piccole tempeste della vita quotidiana e a riconoscere, della vita, il dono e la meraviglia.
Quando prendi una conchiglia, una di quelle grandi, arcaiche, fatte a spirale, e l’accosti all’orecchio, sai che puoi udire un fruscío, un rumore. Sai che puoi sentire il vento e il suono della vita. Come fosse una conchiglia, dopo averlo assaporato con gli occhi, puoi accostare all’orecchio anche un libro e sentirvi riecheggiare i suoni, i pensieri, le emozioni, la voce dei sentimenti. Con gli occhi leggi, con le orecchie ascolti e ti ritrovi in un mondo di visioni interiori. Con gli occhi leggi e con le orecchie cogli le inaudite corrispondenze fra te e il testo, fra il testo e la vita e capisci che c’è sempre dell’altro da vedere e udire. C’è qualcosa di misterioso, affascinante, spirituale, che va oltre la pagina. Questo accade al lettore che legge non solo per distrarsi, ma anche, e soprattutto, per “centrarsi”. Questo accade agli autori che leggono per, a loro volta, creare. La Tempesta di Shakespeare è la conchiglia di questo libro di tempeste, in cui si narra di navi, isole, viaggi e naufragi, e mari e oceani, dell’incontro con lo sconosciuto, il selvaggio, il diverso. Nella Tempesta di Shakespeare c’è la Mirabilis Miranda, la Bella che ci attrae; e c’è la Bestia Caliban che ci fa paura. Assistendo alla commedia, o leggendola e rileggendola, viviamo il rischio del naufragio e siamo premiati col dono della salvezza, patiamo la colpa e riconosciamo il debito, e con esso la logica della punizione e la gratuità del perdono. L’isola è infatti il luogo del salvataggio ma è anche il luogo dove si rimette in scena il delirio del potere, dove vivere si presenta insieme come una rinascita – e una ripetizione – e dove tutto volge verso la commedia. La commedia della vita umana. E se in questo suo ultimo dramma Shakespeare sceglie di volgere la trama verso uno scioglimento comico è appunto perché sceglie la vita e con essa non tanto il terrore, ma la pietà, la meraviglia della pietà. Questo nuovo libro di Nadia Fusini è una lettura emozionante e una libera riscrittura della Tempesta e insieme un invito a riflettere su quel che significa l’atto di vivere; e cioè, essere coscienti e vigili di fronte alle piccole e grandi tempeste della vita quotidiana. Per poi della vita riconoscere il dono, la meraviglia.
“Vivere nella tempesta è un titolo né allusivo, né allegorico. Descrive alla lettera quello che faccio: da anni vivo nella Tempesta di Shakespeare, la leggo, la rileggo. Passano gli anni e io sono qui, immersa in quel che significano la tempesta e il mare e il naufragio e la salvezza in Shakespeare. E nel tempo – che con la tempesta condivide una radice nell’etimo – osservo come il fatto stesso di esistere ci esponga alla tempesta, come ci sia un che di tempestoso nella vita di tutti: stormy is our life.
Non è certo un caso che Shakespeare scelga non la parola piú comune, storm, ma tempest, per intitolare la sua ultima commedia. Nell’etimo sassone storm, che attinge al ricco vocabolario della lingua volgare, la radice (s)twer rimanda a un vortice, dove il tumulto e lo stormo e dunque la violenza dell’assalto in battaglia si confondono in un’origine avvolta nel mistero; nel termine tempest, invece, l’etimo di origine latina rimanda a tempus, all’idea cioè di un taglio (dal greco temno), che seziona e circoscrive e delimita un flusso in periodo, epoca, stagione, finché il senso sfuma in un “tempo” che si fa “tempora- le” e rima con “fortunale”, e da “tempestoso” precipita in “fortunoso”. La Fortuna cosí entra in campo, come la procella che per l’appunto domina nelle nostre vite e tutti ci rende schiavi del Caso. Come fossimo navi in balia del tempo atmosferico.”
Nadia Fusini insegna Letterature comparate presso il SUM, Istituto di Scienze Umane di Firenze. È saggista, traduttrice e autrice di diversi romanzi. Ha tradotto tra gli altri Virginia Woolf e Shakespeare. I suoi ultimi libri sono La figlia del sole. Vita ardente di Katherine Mansfield (2012), Hannah e le altre (Einaudi, 2013) e Vivere nella tempesta (Einaudi, 2016).
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