SILVIA LONGO

IL POSTO DELLE PAROLE

 

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CONVERSAZIONE 

DI

LIVIO PARTITI

CON

SILVIA LONGO

"IL TEMPO TAGLIATO"

LONGANESI

 

Copj171.asp

 

Nella luce di un giugno radioso e sfacciato,
Viola sente crescere il vuoto delle sue giornate. Ha quarantatré anni, e
per metà della vita è stata moglie devota di un acclamato direttore
d'orchestra e madre di una figlia avuta da giovanissima. Nient'altro,
nessuna concessione a se stessa, nessun inciampo, nemmeno ora che, con
la morte improvvisa del marito e una figlia ormai adulta, le sue
giornate sono scandite dalla solitudine. Il pomeriggio del solstizio
d'estate, durante un concerto in memoria del marito, Viola conosce un
uomo e qualcosa accade dentro di lei: una breccia nel muro,
un'infiltrazione d'acqua nelle crepe, un punto di sutura che si
dissolve. Mentre nel chiostro assolato risuonano le note di Bach,
un'impacciata Viola in abito da cocktail, il filo di perle al collo e i
capelli raccolti, lascia il concerto e fugge in macchina con lui. La
tentazione è quella di abbandonarsi, di lasciarsi portare dalla
corrente, ma l'autocontrollo è la disciplina in cui Viola eccelle e
quello che sta succedendo non è solo sconveniente: è assurdo. Eppure è
tardi per tornare indietro, perché il viaggio è iniziato, e con
quell'uomo lei sta andando esattamente dove desiderava da tempo:
lontano. Lontano da tutto per avvicinarsi alla sua verità, semplice e
scandalosa.

 

ascolta qui la conversazione

SILVIA LONGO

 

Ricercare in origine era il nome della forma musicale che oggi chiamiamo fuga.

 

 

così comincia:

 

21 giugno, solstizio d'estate.

 

Balzo dal sonno sudata, a corto di fiato.

Incubi, forse. Oppure il caldo.

La notte è trascorsa come niente fosse, senza lasciare postumi di frescura. Appena le otto, e la persiana diffonde luce a liste sottili, mobili di pulviscolo. Giugno radioso si insinua nella stanza già satura di gradi. Spietato. E nessuna concessione di vento.

L'estate è scoppiata in anticipo, due settimane fa. Persistente, appiccicosa come un profumo sbagliato. Non riesco a levarmela di dosso, faccio fatica a dormire. A compiere ogni piccolo movimento.

Torno a stendermi. Un fianco, poi l'altro, di schiena alla finestra. Chiudo gli occhi e mi ostino sulla scia di un sogno che ormai svanisce lasciando solo un'ansia indefinita.

Passano minuti insieme alla speranza di riaddormentarmi. Il cuore batte forte al centro, e il costato ne amplifica il suono. E' un rumore di digiuni protratti. Di assenza.

 

 

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