Valentina Parisi
Adam Zagajewski
“Prova a cantare il mondo storpiato”
Interlinea Edizioni
https://www.interlinea.com/
«Ma noi siamo vivi, / colmi di memoria e ragione» è la risposta di Adam Zagajewski ai drammi della storia e alla spersonalizzazione della società attuale, collocando sotto la sua lente d’ingrandimento piccoli particolari quotidiani molto rivelatori: così le ombre dei turisti sulla tomba di Brecht sembrano quelle degli informatori della stasi che lo pedinavano da vivo e la gatta di Ruth, ignara di essere ebrea come la sua padrona, di notte dal ghetto torna sempre alla parte ariana. Per l’autore di quest’antologia, che affronta la Shoah come l’11 settembre ma anche gli ex paradisi naturali fagocitati dal turismo di massa, resta lo spaesamento dei «poeti, invisibili come minatori, nascosti sottoterra» che «costruiscono per noi una casa», quella della consapevolezza civile di dover essere vivi e vigili «e talvolta particolarmente orgogliosi, / perché in noi grida il futuro / e quel balbettio ci fa umani».
Adam Zagajewski
Derek Walcott ha definito la sua poesia «voce sommessa sullo sfondo delle immense devastazioni di un secolo osceno, più intima di quella di Auden, non meno cosmopolita di quelle di Miłosz, Celan, Brodskij». Adam Zagajewski è nato nel 1945 a Leopoli, città che ha lasciato quell’anno stesso insieme alla sua famiglia, espulsa dai sovietici che se ne erano impadroniti nel 1944. Cresciuto a Gliwice, Slesia, e cioè in quei territori tedeschi che nel dopoguerra furono annessi alla Repubblica Popolare di Polonia, Zagajewski ha studiato psicologia e filosofia all’università Jagellonica di Cracovia, diventando ben presto uno dei protagonisti della corrente “Nowa Fala” o “Generazione del ’68”, che riuniva i giovani poeti più critici nei confronti del regime. Pubblica la sua prima raccolta, Komunikat nel 1972. Nel 1975 è tra i firmatari della Lettera dei 59, sottoscritta da sessantasei intellettuali polacchi per protestare contro l’introduzione nella Costituzione di paragrafi riguardanti l’alleanza con l’Unione Sovietica e il ruolo-guida del Partito Operaio Unificato Polacco. Dopo aver vissuto a lungo all’estero, prima a Berlino e poi a Parigi, è tornato a risiedere a Cracovia nel 2002. Insignito del Neustadt International Prize for Literature (2004), del premio Heinrich Mann (2015) e del premio Principessa delle Asturie (2017), insegna da anni all’università di Chicago. In Italia Adelphi ha pubblicato una raccolta di prose, Tradimento (2007, a cura di L. Bernardini, traduzione di V. Parisi), e Dalla vita degli oggetti, un’ampia scelta dalla sua produzione poetica a cura di Krystyna Jaworska (2012), con Interlinea ha pubblicato Prova a cantare il mondo storpiato (2019).
Valentina Parisi
Dopo il dottorato di ricerca in letterature slave, ha vissuto all’estero con varie borse di studio, in Germania e a Budapest.
Attualmente assegnista di ricerca in letteratura russa presso l’Università degli Studi di Pavia, ha tradotto dal russo opere di Alexandra Petrova, Lev Šestov, Pavel Florenskij, Léon Bakst, Pavel Sanaev, Vasilij Grossman, Anton Čechov, Vasilij Golovanov e, dal polacco, testi in prosa di Wisława Szymborska, Adam Zagajewski, Hanna Krall, Stanisław Lem. Ha pubblicato un libro sull’editoria clandestina nell’Urss –Il lettore eccedente. Edizioni periodiche del samizdat sovietico, 1956-1990 (Il Mulino) e Guida alla Mosca ribelle (Voland). Nel 2019 pubblica per Exòrma Editore Una mappa per Kaliningrad. Dal 2007 collabora regolarmente alle pagine culturali de Il manifesto e di AliasD. Ha scritto inoltre su Diario della settimana, Galatea, Pagina 99 e Alfabeta2
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