Noëmi Lerch
“Grit e le sue figlie”
Traduzione di Anna Allenbach
Edizioni Casagrande
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Tre donne, i loro affetti e i loro conflitti, le complicità e le separazioni, sullo sfondo di un mondo rurale dove la quotidianità sconfina nella fiaba.
In fondo a una valle c’è un villaggio. Gli abitanti raccontano una leggenda: raccontano che un tempo la valle non era una valle ma un deserto; l’unica cosa che ci cresceva era un pino. Sotto il pino, dice la leggenda, si erano incontrati due viandanti, una donna e un uomo. L’uomo si era innamorato, ma lei aveva continuato il suo viaggio. Allora lui si era messo a coltivare il terreno, e tanto lavorò da trasformare il deserto in giardino, sperando di farla tornare.
Oggi nel villaggio, vicino al pino, vive una famiglia che sembra destinata a ripetere quella storia: è fatta di persone che, a un tratto, sentono l’impulso di partire – per inquietudine, per sfuggire a un malessere, per inseguire un uomo «con un viso da principe», per diventare qualcos’altro.
Solo Wanda resta ferma: la fattoria dove cresce i suoi bambini – un piccolo mondo che «va da qui al pino e ritorno» – è diventata il perno intorno a cui si muovono, nei loro andirivieni, tutti i suoi famigliari: la sorella Iwa, il compagno Gunnar e soprattutto la madre, Grit. Dopo anni di assenza, Grit è ricomparsa e vive precariamente nella veranda di Wanda. Le due tacciono, lavorano, accudiscono i bambini. Giorno dopo giorno, dai loro silenzi riaffiorano le vicende della famiglia, tra affetti e conflitti, tensioni e segreti; vicende che trovano un’eco nelle leggende tramandate nel villaggio, come se Grit e le sue figlie non facessero che portare avanti una lunga storia collettiva.
Noëmi Lerch torna a raccontare la vita nel mondo rurale in un romanzo di scarno realismo dove tuttavia si avverte un’aria di fiaba: si fondono così – e sembra un prodigio – la saga famigliare e il racconto orale, il romanzo psicologico e le storie che si narravano attorno al camino, il quotidiano e il meraviglioso.
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