Guidalberto Bormolini
“A che punto è la notte?”
Parole di vita e di morte, al tempo del corona virus
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Guidalberto Bormolini, già operaio di una falegnameria artigiana e in seguito liutaio, attualmente è monaco e sacerdote in una comunità di meditazione cristiana: i Ricostruttori nella preghiera. Laureato alla Pontificia Università Gregoriana, ha conseguito la Licenza in Antropologia Teologica ed è dottorando in Teologia Spirituale presso l’Ateneo S. Anselmo a Roma. Cura specialmente il dialogo con i “lontani”, i non credenti. Si occupa di accompagnamento spirituale dei morenti ed è docente al Master “Death Studies & the End of Life” dell’Università di Padova. Si dedica in particolare allo studio: delle discipline ascetiche nel monachesimo cristiano ed ai rapporti tra il corpo e la vita spirituale; della spiritualità cristiana in relazione all’amore per la Creazione; del dialogo interreligioso; della morte e il morire nelle grandi religioni e tradizioni sapienziali.
“Questa situazione ci sta privando di ciò che ci mantiene umani anche dopo la morte. Perché se la morte è relazione, noi viviamo anche oltre la morte. Questo sembra insegnare la tradizione, l’antropologia stessa, senza entrare nella religione. Marcel Mauss, un grande antropologo del Novecento, diceva che si è umani quando si è donatori. La morte è l’ultimo dono che facciamo agli altri. Come moriamo rimane nella memoria di tutti. La morte ci costringe a donare tutto, volenti o nolenti. La differenza è in chi la accoglie. Ecco, il dono che ci possono fare le persone che stanno morendo ora è di farci capire l’importanza della relazione con chi sta per morire e della relazione con chi è già morto, così da restare veramente umani. Se accettiamo questa scommessa fino in fondo, usciremo da questa crisi con un Paese rinnovato, verso un’idea di bene comune altissima e nobilissima. Io lo spero”.
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