Davide Romagnoli “Curênt”

Davide Romagnoli. Cureênt. Marco Saya Editore

Davide Romagnoli
“Curênt”
Marco Saya Edizioni

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Curênt significa corrente e nessun titolo può essere più giusto per la poesia di Davide Romagnoli, che scrive in milanese e rappresenta un universo in perenne movimento, una corrente di volti e stagioni, un flusso ininterrotto di ricordi, un hinterland cittadino nel tempo dei juke-box, del tip-tap, delle mille lire e della domenica sportiva, azioni e consuetudini di vita quotidiana, colte però in una penombra trascendente. Qui la vita sembra guardata dal finestrino di un treno che si muove con lentezza e ci lascia il tempo di osservare a fondo, ricordare e custodire dentro di noi le verità cruciali, mettendo da parte i dettagli.

E il movimento è circolare come quello della giostra (immagine importante) che alla fine del suo giro ritrova il punto di partenza e ogni volta rinnova la visione delle cose con uno sguardo più attento e concentrato, scopre nuove scene della vita del borgo: i signori con i bei cappelli, i giochi con le carte, le preghiere alle madonne di paese, la moglie del mago o del disperato, tutte le abitudini e le stranezze di una piccola comunità, osservata con una vena malinconica e fortemente elegiaca. La malinconia è infatti una nota dominante di questo libro, in tutta la gamma delle sue intonazioni: malinconia fiabesca di un quadro di Chagall, dove la vita viene scrutata dall’alto; malinconia sapiente degli anni che passano e ripetono il rondò delle stagioni; malinconia tremante delle cose invocate in silenzio; malinconia solitaria di addormentarsi alla sera immaginando un’esistenza diversa; malinconia nascente di sentire il profumo di quello che c’era e ci sarà ancora; malinconia metafisica di percepire “l’eternità del nostro essere mortali”, scrive Davide Romagnoli in un verso memorabile. E questa vena elegiaca innesta nella sua poesia un ritmo di giornate che si ripetono identiche – il rito del bar, della partita, della tavola apparecchiata o del bicchiere sempre pieno – ma nascondono nel loro grumo più intimo un’inquietudine profonda, il senso di qualcosa che sfugge e non potrà più tornare, la percezione che la realtà è inconsistente, friabile, mercuriale, scivola via tra compleanni e matrimoni senza lasciare una traccia duratura. E forse, continua Davide, il compito della poesia è proprio quello di fermare questo flusso e imprimere il sigillo di una parola provvidenziale, come l’immagine bellissima dell’altalena che dondola silenziosa in mezzo alle case e ci fa sentire tutta la forza della sua e della nostra solitudine.


Dundula l’altalena in mess ai câ
i câ, i câ, che enn mai a sè, culurâ
cun i culûr d’i fenester grîs o trucâ
cui tênd sbandunâ dal vent. 


Dondola l’altalena in mezzo alle case
le case, le case, che non bastano mai, colorate
con i colori delle finestre grigie o truccate
con le tende abbandonate dal vento.


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