Carlo Lapucci
“Breve storia del pese d’aprile”
di Giuseppe Pitré
Appendice di Roberta Barbi
Graphe Edizioni
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Perché si fanno i pesci d’aprile? L’autore di questo volumetto decide di andare al fondo della questione, ricostruendo con cura fonti scritte, filastrocche dialettali e testimonianze storico-mitologiche non soltanto italiane, bensì internazionali: sembra proprio che l’origine dello scherzo si perda nella notte dei tempi, benché i suoi effetti siano trasversali (almeno in Europa) negli ultimi due o tre secoli.A corredare il godibile trattato di Giuseppe Pitrè (pioniere dell’etnologia nazionale, 1841-1916) ci sono due altrettanto autorevoli contributi.L’ampia introduzione di Carlo Lapucci contestualizza l’argomento, con leggerezza, sul piano antropologico. Questa consuetudine del pesce d’aprile sembra andare a braccetto con la mutevolezza della stagione, il cambio d’abito e di generazione: quella nuova, nella tradizione popolare, vien messa alla prova nella speranza che diventi presto abbastanza furba da cavarsela nella vita (come fa l’artigiano che per scegliere il nuovo apprendista affida ai ragazzi un compito palesemente sciocco, stando a vedere chi se ne accorgerà per primo).A chiudere il libro una spassosa appendice di Roberta Barbi, che ha raccolto le burle più famose e riuscite di cui si abbia memoria, dal XIII secolo a oggi.
Ciò che il lettore ricava di certo è quale sia la più comune sostanza di questo scherzo: mandar qualcuno a cercare qualcosa che non c’è, o che è troppo assurdo per essere davvero trovato. Così è forse indagare il senso di un costume nato proprio per canzonare: eppure, forse sarà la volta buona!Il testo è arricchito da illustrazioni a colori di Antonio Rubino, Dino Aloi, Gianni Audisio, Lido Contemori, Gianni Chiostri, Milko Dalla Battista e Carlo Squillante.
Giuseppe Pitrè (Palermo, 1841-1916), medico e studioso di tradizioni popolari, si dedicò con intelligenza versatile a studi storici, filologici e letterari, ma ben presto orientò sforzi e interessi in senso sempre più preciso verso lo studio del folclore. Presidente della Società siciliana di storia patria e della Reale accademia di scienze e lettere di Palermo, segretario della Reale Accademia di scienze mediche, dal 1910 alla morte tenne la cattedra di demopsicologia (come egli stesso chiamava la sua scienza) all’università di Palermo. Nel 1914 fu nominato senatore del Regno.Pitrè è considerato il fondatore, sia in senso cronologico che sistematico, della scienza folcloristica italiana. Nella sua opera più importante, la monumentale Biblioteca delle tradizioni popolare siciliane (25 volumi, 1871-1913), raccoglie, divise in sezioni, tutte le espressioni dell’anima popolare siciliana; alle descrizioni accompagnò talora saggi introduttivi, molto importanti dal punto di vista metodologico.Nel 1880, in collaborazione con Salomone Marino, fondò la rivista Archivio delle tradizioni popolari, di cui uscirono trentatré volumi (1880-1906); nel 1894 pubblicò il primo volume della ricchissima Bibliografia delle tradizioni popolari in Italia (il secondo volume rimase inedito). A lui risale infine la fondazione, a Palermo, del Museo etnografico siciliano.
Carlo Lapucci, si è occupato di letteratura e ha studiato il problema della traduzione dirigendo la rivista «Le lingue del Mondo». Tra le opere di linguistica e tradizioni popolari si ricordano il Dizionario dei modi di dire della lingua italiana (Garzanti 1993) e Fiabe toscane (Mondadori 1984). Nel 2006 per Le Monnier e poi per Mondadori è uscito il Dizionario dei proverbi italiani che raccoglie 25.000 proverbi, prima opera e studio generale sui detti italiani. Collabora a giornali e riviste tra cui «Il Sole 24 ore», «Toscana oggi», «La Nazione», «Studi piemontesi», «Erba d’Arno», «Il Caffè illustrato». Con Clichy ha pubblicato Eroi senza lapide (2014) e Filastrocca dell’Italia di mezzo (2018).
Roberta Barbi è nata e vive a Roma da 40 anni; da qualche anno in meno assieme al marito Paolo e ai figli, ancora piccoli, Irene e Stefano. Laureata in comunicazione e giornalista professionista appassionata di cucina, fotografia e viaggi, si è ritrovata da un po’ a lavorare per i media vaticani: attualmente è autrice e conduttrice de “I Cellanti”, un programma di approfondimento sul mondo del carcere in onda su Radio Vaticana Italia. Nel tempo libero (pochissimo) si diletta a scrivere racconti e si dedica alla lettura, al canto e al cake design; sempre più raramente allo shopping, ormai rigorosamente on line.
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