Alberto Rollo
“L’ultimo turno di guardia”
Manni Editori
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La scena è l’interno di una torre, forse cella di isolamento, forse appendice di un nosocomio, forse rifugio metropolitano: comunque un luogo di segregazione e contemplazione.
Chi parla è un malato di tempo, una figura a metà strada fra l’avo vaticinante, il lungodegente, il condannato. Il suo interlocutore è una sorta di liquido testimone, di infermiere-carceriere. Una spia neghittosa.
L’allettato parla, immagina, comanda, si commuove, mette in disordine i ricordi, e l’altro ascolta, più distratto che ammaliato, più sordo che sedotto. Entrambi confitti nello spettacolo di un transito senza fine.
Alberto Rollo torna alla scrittura con un poemetto teso, nervoso, allucinato.
Un lavoro che l’ha accompagnato per almeno un quarto di secolo.
Che meriggio lungo,
immobile, feroce ci corteggia
dal cerchio di finestre. Che catena
di tetti, spigoli, acutezze
è inchiodata alla calce
umida del cielo.
Non passa, pensi, mio pretino. Passa,
invece, e d’unghie
metalliche segna, di stridori,
il mio durare, il mio guardare.
Alberto Rollo è nato a Milano nel 1951.
Direttore letterario in Feltrinelli, direttore editoriale di Baldini+Castoldi, è ora consulente per la narrativa italiana in Mondadori.
Collabora con le pagine culturali di riviste e quotidiani nazionali.
Ha tradotto romanzi di autori inglesi e americani tra cui La famiglia Winshaw di Jonathan Coe (Feltrinelli 1995) e A sangue freddo di Truman Capote (Garzanti 2019). Ha scritto per il teatro (Tempi morti nel 1992) e per la televisione. Ha curato l’antologia Che cosa ho in testa (Baldini+Castoldi 2017).
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