Fernando Mazzocca
“Piero Della Francesca. Indagine su un mito”
Musei San Domenico, Forlì
www.mostrefondazioneforli.it
L’affascinante rispecchiamento tra critica e arte, tra ricerca storiografica e produzione artistica nell’arco di più di cinque secoli è il tema della mostra Piero della Francesca. Indagine su un mito. Dalla fortuna in vita _ Luca Pacioli lo aveva definito “il monarca della pittura” _ all’oblio, alla riscoperta.
Alcuni dipinti di Piero, scelti per tracciare i termini della sua riscoperta, costituiscono il cuore dell’esposizione. Accanto ad essi figurano in mostra opere dei più grandi artisti del Rinascimento che consentono di definirne la formazione e poi il ruolo sulla pittura successiva.
Per illustrare la cultura pittorica fiorentina negli anni trenta e quaranta del Quattrocento, che vedono il pittore di Sansepolcro muovere i primi passi in campo artistico, saranno presenti opere di grande prestigio di Domenico Veneziano, Beato Angelico, Paolo Uccello e Andrea del Castagno, esponenti di punta della pittura post-masaccesca.
L’accuratezza prospettica di Paolo Uccello e l’enfasi plastica delle figure di Andrea del Castagno, la naturalezza della luce di Domenico Veneziano, l’incanto cromatico perseguito da Masolino e dall’Angelico, costituiscono una salda base di partenza per il giovane Piero. Ma la mostra vuol dar conto anche dei primi riflessi della pittura fiamminga, da cogliere negli affreschi del portoghese Giovanni di Consalvo, nei quali l’esattezza della costruzione prospettica convive con un’inedita attenzione per le luci e le ombre.
Gli spostamenti dell’artista tra Modena, Bologna, Rimini, Ferrara e Ancona determinano l’affermarsi di una cultura pierfrancescana nelle opere di artisti emiliani come Marco Zoppo, Francesco del Cossa, Cristoforo da Lendinara, Bartolomeo Bonascia. Importanti sono i suoi influssi nelle Marche su Giovanni Angelo d’Antonio da Camerino e Nicola di Maestro Antonio; in Toscana, con Bartolomeo della Gatta e Luca Signorelli; e a Roma, con Melozzo da Forlì e Antoniazzo Romano. Ma l’importanza del ruolo di Piero è stata colta anche a Venezia, dove Giovanni Bellini e Antonello da Messina mostrano di essere venuti a conoscenza del suo mondo espressivo.
La mostra, aperta dal confronto, sempre citato ma fin’ora mai mostrato, tra la Madonna della Misericordia di Piero della Francesca e la Silvana Cenni di Felice Casorati, dà conto della nascita moderna del suo “mito” anche attraverso gli scritti dei suoi principali interpreti: da Bernard Berenson a Roberto Longhi.
La riscoperta ottocentesca di Piero della Francesca è affidata a importanti testimonianze: dai disegni di Johann Anton Ramboux alle straordinarie copie a grandezza naturale del ciclo di Arezzo eseguite da Charles Loyeux, fino alla fondamentale riscoperta inglese del primo Novecento, legata in particolare a Roger Fry, Duncan Grant e al Gruppo di Bloomsbury, di cui fece parte anche la scrittrice Virginia Woolf.
Il fascino degli affreschi di Arezzo sembra avvertirsi nella nuova solidità geometrica e nel ritmo spaziale di Edgar Degas. Un simile percorso di assimilazione lo si ritrova in pittori sperimentali e d’avanguardia come i Macchiaioli. Echi pierfrancescani risuonano in Seurat e Signac, nei percorsi del postimpressionismo, tra gli ultimi bagliori puristi di Puvis de Chavannes, le sperimentazioni metafisiche di Odilon Redon e, soprattutto, le vedute geometriche di Cézanne.
Il Novecento è per più aspetti il “secolo di Piero”: per il costante incremento portato allo studio della sua opera, affascinante quanto misteriosa; e per la centralità che gli viene riconosciuta nel panorama del Rinascimento italiano. Contemporaneamente la sua opera è tenuta come modello da pittori che ne apprezzano di volta in volta l’astratto rigore formale e la norma geometrica, o l’incanto di una pittura rarefatta e sospesa, pronta a caricarsi di inquietanti significati. La fortuna novecentesca dell’artista è raccontata confrontando, tra gli altri, gli italiani Guidi, Carrà, Donghi, De Chirico, Casorati, Morandi, Funi, Campigli, Ferrazzi, Sironi con fondamentali artisti stranieri come Balthus e Hopper che hanno consegnato l’eredità di Piero alla piena e universale modernità.
Fernando Mazzocca
Dopo essersi formato alla Scuola Normale Superiore di Pisa, Fernando Mazzocca ha insegnato presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e l’ Università Statale di Milano.
Tra i massimi specialisti dell’età neoclassica, dell’Ottocento e primo Novecento, ha pubblicato numerosi volumi e realizzato, a partire dal 1978, importanti mostre su movimenti e di carattere monografico, come quelle sul Neoclassicismo, l’ Ottocento italiano, i Macchiaioli, il Simbolismo, Batoni, Canova, Lampi, Hayez, Piccio, Gigola, Molteni, Lega, Previati, Boldini, De Nitttis, Signorini, Corcos, Wildt, Il “Novecento” italiano, il Liberty, l’arte e la Grande Guerra, allestite presso le maggiori sedi espositive italiane, dalla Pinacoteca di Brera al Museo Poldi Pezzoli a Milano, a Palazzo Reale sempre a Milano, al Castello del Buonconsiglio a Trento, il Palazzo Ducale di Lucca, Palazzo Zabarella a Padova, la Galleria Borghese a Roma, i Musei di S. Domenico a Forlì, le Scuderie del Quirinale a Roma, le Gallerie d’ Italia a Milano, il Musée d’ Orsay a Parigi.
La sua vasta produzione scientifica riguarda anche la storia del collezionismo, la letteratura artistica o i rapporti tra le arti e la letteratura, la musica, con studi approfonditi sui casi di Alfieri ed in particolare di Manzoni e Verdi.
Ha curato inoltre l’allestimento della Galleria d’Arte Moderna di Palermo, della sezione dedicata all’ Ottocento delle Gallerie d’Italia a Milano e, sempre per Gallerie d’ Italia, il Museo di Palazzo Zevallos a Napoli.
È membro del “Comitato Nazionale per l’ Edizione delle opere di Antonio Canova”, dell’ “Istituto di ricerca per gli studi su Canova e il Neoclassicismo”, socio dell’ “Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti” di Venezia, membro del Consiglio Scientifico dell’ Enciclopedia Italiana. È collaboratore, dal 1988, del supplemento domenicale del “Sole 24ore”.
Catalogo Mostra
“Piero della Francesca. Indagine su un mito”
Antonio Paolucci, Daniele Benati, Frank Dabell, Fernando Mazzocca, Paola Refice, Ulisse Tramonti.
Silvana Editoriale
www.silvanaeditoriale.it
Il volume ripercorre l’affascinante rispecchiamento tra critica e arte, tra ricerca storiografica e produzione artistica avvenuto intorno alla figura di Piero della Francesca, nell’arco di più di cinque secoli.
Partendo da alcuni dipinti di Piero e dalle opere dei più grandi artisti del Rinascimento utili a definirne la formazione e poi il ruolo sulla pittura successiva, il volume traccia i termini della fortuna del pittore, dal successivo oblio, fino alla grande riscoperta in età moderna.
Definito da Luca Pacioli “il monarca della pittura”, Piero della Francesca viene studiato nell’ottocento, e il suo fascino assimilato da artisti sperimentali, da Degas ai macchiaioli, dai postimpressionisti a Cézanne.
Ma è nel Novecento che si costruisce il suo mito, anche attraverso gli scritti dei suoi principali interpreti: da Bernard Berenson a Roberto Longhi.
Il costante incremento portato allo studio della sua opera, affascinante quanto misteriosa, e la centralità che gli viene riconosciuta nel panorama del Rinascimento italiano, lo portano a essere preso a modello da pittori che ne apprezzano di volta in volta l’astratto rigore formale e la norma geometrica, o l’incanto di una pittura rarefatta e sospesa. La fortuna novecentesca dell’artista è raccontata confrontando, tra gli altri, gli italiani Guidi, Carrà, Donghi, De Chirico, Casorati, Morandi, Funi, Campigli, Ferrazzi, Sironi con fondamentali artisti stranieri come Balthus e Hopper che hanno consegnato l’eredità di Piero alla piena e universale modernità.
IL POSTO DELLE PAROLE
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