Enrico Morini “E’ vicina l’unità tra cattolici e ortodossi?

Enrico Morini, Qiqajon Enrico Morni "E' vicina l'unità tra cattolici e ortodossi?" Edizioni Qiqajon

Enrico Morini
“E’ vicina l’unità tra cattolici e ortodossi?”
Le scomuniche del 1054 e la riconciliazione del 1965
Edizioni Qiqajon – Comunità di Bose

Divisione e unità, scomuniche e riconciliazione: al termine del concilio Vaticano II, il gesto dell’abolizione delle reciproche scomuniche del 1054, compiuto da papa Paolo VI e dal patriarca Atenagora, ha riavvicinato le chiese di Roma e di Costantinopoli ristabilendo l’amore teologico, quell’amore teologico che è legame reale tra le chiese e che, insieme alla professione della stessa fede, costituisce una delle due condizioni per la piena unità sacramentale e gerarchica. Con quel gesto abbiamo compiuto in un attimo esattamente la metà del cammino che ancora manca al conseguimento della piena unità.

Enrico Morini (Bologna 1947), professore associato confermato di Storia del cristianesimo e delle chiese, insegna Storia e istituzioni della chiesa ortodossa e Storia religiosa dell’oriente cristiano presso l’Università di Bologna. Coniugato con due figli, dal 1984 è diacono della chiesa bolognese.

Così comincia:
Oggi, 7 dicembre 2015, sono cinquant’anni dal giorno in cui le due chiese sorelle di Roma e di Costantinopoli, con l’ufficialità e la solennità di un atto canonico, hanno cancellato dalla memoria delle rispettive comunità cristiane e dalla loro esperienza ecclesiale le reciproche scomuniche, che si erano sventuratamente scambiate nel luglio 1054. Chi scrive ricorda distintamente quello storico evento, al quale ovviamente ha potuto partecipare solo attraverso i mezzi di comunicazione, come la radio-televisione e gli organi di stampa, e mi sembra di poter affermare che lo ha vissuto con l’emozione che poteva accendersi nel cuore di un diciottenne.
Ricordo anche la sopravvalutazione, sempre sull’onda emotiva suscitata dall’evento, con la quale questo reciproco gesto di riconciliazione venne percepito, sia tra i cattolici che tra gli ortodossi. Tra i cattolici vi fu chi, nei giorni immediatamente successivi, si presentò nelle chiese ortodosse, già aperte in occidente, per partecipare alla divina liturgia e accostarsi ai santi misteri, presupponendo che con il suddetto evento lo “scisma d’oriente” fosse stato ricomposto e l’unità delle due chiese, cattolica e ortodossa, fosse finalmente stata pienamente ristabilita. Analoga sopravva- lutazione si riscontrò nella reazione negativa di autorevoli gerarchi della chiesa ortodossa – come l’anziano arcivescovo di Atene, Crisostomo II Chatzistavrou, che espresse al riguardo pubblicamente tutta la sua amarezza –, i quali lamentarono che questa decisione fosse stata presa dal patriarcato di Costantinopoli, senza consultare previamente il pleroma dell’ortodossia, trascurando l’evidenza storica che i due anatemi avevano coinvolto esclusivamente due gruppi di ecclesiastici appartenenti soltanto alle due chiese di Roma e di Costantinopoli.
A questa sopravvalutazione momentanea dell’evento fa riscontro una sottovalutazione successiva, che mi è sembrato di riscontare in questo mezzo secolo. Nelle rassegne dedicate al riavvicinamento tra le due chiese si fa riferimento con maggiore enfasi ad altri avvenimenti, come l’incontro tra i papi e i patriarchi – ormai divenuti consueti – o i passi, ancora timidi e incerti, del dialogo teologico tra la chiesa cattolica e pressoché tutte le chiese ortodosse, condotto a partire dal 1980 dall’apposita commissione paritetica. Soltanto al compiersi del primo decennio da questo gesto, cioè nel 1975, la rivista Istina vi dedicò un numero specia- le, arricchito dall’intervento di autorevoli studiosi, cattolici – tra i quali Josef Ratzinger – e ortodossi.

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