Elena Zegna, Ubaldo Rosso
Concerto per la Giornata della Memoria
Elena Zegna – voce recitante
Ubaldo Rosso – flauti
Venerdì 25 gennaio, ore 21
Palazzo Taffini, Savigliano
“Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano, davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano. Ti prometto una cosa, Dio, soltanto una piccola cosa: cercherò di non appesantire l’oggi con i pesi delle mie preoccupazioni per il domani – ma anche questo richiede una certa esperienza. Ogni giorno ha già la sua parte. Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori non posso promettere nulla. Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. Forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. Sì, mio Dio, sembra che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali ma anch’esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. E quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: (…) tocca a noi aiutare te, difendere fino all’ultimo la tua casa in noi. Esistono persone che all’ultimo momento si preoccupano di mettere in salvo aspirapolveri, forchette e cucchiai d’argento – invece di salvare te, mio Dio” (Etty Hillesum, Diario 1941-1943, Adelphi, pp. 169-170).
“Sappilo, Dio: farò del mio meglio. Non mi sottrarrò a questa vita. Di tanto in tanto, però, dammi un segno. E fa’ in modo che esca da me un po’ di musica, fa’ in modo che trovi una forma ciò che è in me, che lo desidera così tanto.“ Così negli scritti di Etty Hillesum (1914-1943), giovane donna ebrea di Amsterdam, intensa e passionale, cresciuta con Rilke, Jung e Dostoevskij, nel solco della kultur mittteleuropea.
L’olocausto, un sacrificio accolto – lei che avrebbe potuto salvarsi – nella piena coscienza di condividere la sorte infausta del suo popolo, ne spense con violenza il sorriso prima dei trent’anni, ma la sua voce risuona ancora alta e forte nell’eredità spirituale della dreatività letteraria. Sue sono parole dure ed insieme commoventi, che rivendicano all’arte un messaggio di armonia, capace di vincere orrore e dolore.
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