Viola Ardone
“Il treno dei bambini”
Einaudi Editore
www.einaudi.it
A volte dobbiamo rinunciare a tutto, persino all’amore di una madre, per scoprire il nostro destino. Nessun romanzo lo aveva mai raccontato con tanto ostinato candore.
Il caso editoriale italiano dell’ultima Fiera di Francoforte, in corso di traduzione in 25 lingue.
È il 1946 quando Amerigo lascia il suo rione di Napoli e sale su un treno. Assieme a migliaia di altri bambini meridionali attraverserà l’intera penisola e trascorrerà alcuni mesi in una famiglia del Nord; un’iniziativa del Partito comunista per strappare i piccoli alla miseria dopo l’ultimo conflitto. Con lo stupore dei suoi sette anni e il piglio furbo di un bambino dei vicoli, Amerigo ci mostra un’Italia che si rialza dalla guerra come se la vedessimo per la prima volta. E ci affida la storia commovente di una separazione. Quel dolore originario cui non ci si può sottrarre, perché non c’è altro modo per crescere.
«Un romanzo appassionante e scritto benissimo. La storia di questo bambino del dopoguerra, della sua lotta per la sopravvivenza e l’amore, tiene incollati alle pagine».
Marion Kohler, DVA-Penguin, Germania
«Originale, emotivo, di grande qualità letteraria. Un libro che tutti dovrebbero leggere».
Anne Michel, Albin Michel, Francia
«Uno splendido romanzo. Viola Ardone ci fa riflettere, con delicatezza e maestria, su come certe decisioni possano cambiare per sempre la nostra vita».
Elena Ramírez, Seix Barral, Spagna
«La letteratura è meglio della politica. Lo dico dopo aver letto Il treno dei bambini di Viola Ardone».
Michele Serra
«Viola Ardone scava fino a farci male, indaga negli animi fino a farci tremare. Amerigo al bivio fra i due mondi farà una scelta che avrà conseguenze dolorose ma produrrà nuovi semi. Se non saranno soffocati, cresceranno, diventeranno piante rigogliose. Perché il dolore, anzi soprattutto il dolore può essere fertile. E le lacerazioni magari dopo molti anni possono essere ricomposte. Perché il treno della vita è comunque mosso dall’amore e anche se deraglia e torna indietro, comunque non si ferma» (Ritanna Armeni, «L’Osservatore Romano»
Amerigo Speranza è l’io narrante di una storia straordinaria, dura, di un romanzo che racconta la vicenda poco conosciuta di migliaia di bambini meridionali che nel secondo dopoguerra, grazie al Partito Comunista, vennero strappati alla miseria e affidati a famiglie del Nord e del Centro.
Amerigo è povero, vive a Napoli con la madre Antonietta, figlio unico senza un padre, forse sparito in America, «a faticare». La madre decide di offrirgli l’opportunità di una vita migliore, non vuole più mandarlo a raccogliere le «pezze»; per lui desidera scuola, cibo, salute.
Il bambino parte per il Nord spaventato dalle dicerie sulle cattiverie e sulla crudeltà dei comunisti; sale sul treno per recarsi in un altrove sconosciuto dove troverà, gli hanno garantito, una famiglia affettuosa e una casa accogliente. Il romanzo di Viola Ardone «ha il pregio, davvero consolante, di raccontare la storia di un bambino in affido senza occultarne alcun aspetto. E anzi rispettando la straziante “doppiezza” della vita di Amerigo, la perdita della mamma e la sconfitta della fame, le radici recise e la nuova serenità, l’insicurezza indegna e la protezione “artificiale” imposta dall’altro e al tempo stesso provvidenziale» (Michele Serra, «la Repubblica»).
Si dovrà confrontare con un nuovo dialetto, con cibi diversi e con una donna, Derna, che lo accoglie con paura e timore, spaventata quanto lui perché «di bambini non ne capisco proprio», e deve consolare, rassicurare un cuore infantile segnato dalla separazione e dalla perdita.
«La Ardone ha affondato le mani nella storia più dolorosa della sua città. Ha setacciato il dialetto, la mentalità di quegli anni, e ha plasmato lo scenario perfetto per un grande romanzo sulle scelte. Perché quello che Amerigo ci racconta, salendo sul treno, è proprio il momento in cui i binari della vita si separano, costringendoci a prendere una decisione. Una decisione sostanziale, in grado di definire la nostra identità» (Simona Sparaco, «La Stampa»).
L’autrice ci affida la storia commovente di una separazione e solidarietà, concetto che «si è totalmente smarrito, cioè fare del bene a fondo perduto. Nel dopoguerra furono i semplici, alla fine, moltissimi contadini e artigiani, ad accogliere questi ragazzini. Oggi, quanti benpensanti prenderebbero per sei mesi un ragazzetto venuto dal mare, sceso dalla Open Arms?» (Viola Ardone intervistata da Conchita Sannino, il venerdì – la Repubblica»).
Viola Ardone (Napoli 1974) insegna latino e italiano al liceo.
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