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Tino Franza “In cammino con Stevenson”

Tino Franza In cammino con Stevenson Exòrma

Tino Franza
“In cammino con Stevenson”
Viaggio nelle Cévennes
Exòrma Edizioni

A piedi nella Francia del sud, l’autore ricalca l’itinerario che Robert Louis Stevenson percorse nell’autunno del 1878 nella terra dei Camisardi, le selvagge Cévennes, in compagnia dell’asina Modestine.

Da Le Monastier-sur-Gazeille a Saint-Jean-du-Gard i due viaggi procedono in parallelo: da una parte le storie, i luoghi, gli incontri, le impressioni dell’autore, dall’altra i momenti più significativi delle vicende dello scrittore scozzese, le ragioni che lo spinsero a partire, le vicissitudini dei turbolenti anni giovanili contrassegnati dalla relazione con l’affascinante Fanny Osbourne.
Dal bandito Mandrin alla “Bestia del Gévaudan”, alla tragica epopea dei Camisardi, vengono evocate storie mirabili legate ai luoghi attraversati.

Comprata al prezzo di sessantacinque franchi da un vecchio, Père Adam, Modestine era «una piccola asinella non molto più grande di un cane, del colore di un topo, con lo sguardo bonario ma la mascella volitiva».

Alla vigilia del viaggio nelle Cévennes, Stevenson era afflitto da due problemi: la salute compromessa dalla tisi e i burrascosi rapporti con i genitori a causa della relazione con Fanny Osbourne.

Era l’ultimo discendente di una famiglia che progettava e costruiva fari da generazioni. Erano stati gli Stevenson a costruire i fari che proteggevano la costa nordoccidentale della Scozia, tristemente nota per i continui naufragi. Al nonno Robert era riuscita l’impresa ritenuta irrealizzabile di progettare un faro sulle micidiali rocce di Bell. Completato nel 1811 dopo quattro anni di lavoro, il faro era stato il primo a essere costruito in Scozia su un avamposto isolato.
A sedici anni si iscrisse all’università, e a ventuno tenne una relazione su questioni tecniche riguardanti l’installazione dei fari; ma poco dopo, sempre nel 1871, comunicava al padre, Thomas, già esultante per l’interesse del suo unico figlio alla tradizione di famiglia, di non volere diventare ingegnere come lui. Il giovane chiarì che la letteratura sarebbe stato il suo campo d’azione, e non la realizzazione di fari. Fu la prima fonte di conflitto. Agli occhi del padre la decisione apparve un tradimento, ma la reazione fu contenuta. Appassionato umanista anche lui, Thomas non aveva mai avversato l’attività di scrittore di Robert, purché complementare a una professione rispettabile. Venne raggiunto dunque un compromesso: il figlio sarebbe diventato avvocato, una professione non incompatibile con gli interessi letterari. Nel 1875 Robert si laureò così in Diritto ed ebbe la sua targa d’ottone col titolo di avvocato al 17 di Heriot Row.

Fu una breve parentesi.

Dalle vie di Monastier, dove lo scrittore trascorse «poco meno di un mese di splendide giornate», erano scomparsi gli ubriachi e le merlettaie; finite le passionali lotte tra partiti rivali.
Passai il resto del pomeriggio dentro un’abbazia benedettina che ospitava il Memoriale Stevenson. Nella sala allestita nel 1978 erano conservati ritagli di giornali, foto, lettere autografe, esemplari del suo libro, effetti personali e illustrazioni riguardanti Modestine, l’asina che trasportò l’equipaggiamento di Robert.

Tino Franza (Noto, 1961) collabora a riviste come «Nigrizia», «S.E.A.S.» (Studi Etno-Antropologici e Sociologici), «Sikania», «Pagine dal Sud», occupandosi di viaggi nell’età coloniale, emigrazioni, e percorsi a piedi. Ha pubblicato Le ‘ngiurie. Storia e cultura popolare nei soprannomi di Noto (Armando Siciliano Editore, 2000), Paesaggi dell’Agro Netino. A piedi per antichi sentieri (C.U.E.C.M., 2007), La lunga marcia. Viaggio sentimentale a Santiago de Compostela (A&B, 2008).

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