Roberta Botto
Botto&Bruno
“The ballad of forgotten places”
Roberta Botto “The ballad of forgotten places”
Botto&Bruno. The ballad of forgotten places, è un progetto promosso dalla Fondazione Merz vincitore della III edizione del bando Italian Council (2018), concorso ideato dalla Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane (DGAAP) del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, per promuovere l’arte contemporanea italiana nel mondo.
La Fondazione non è nuova al sostegno dell’arte italiana in ambito internazionale e da sempre lavora alla costruzione di dialoghi e relazioni tra popoli e culture. Tra questi uno dei più rilevanti dal punto di vista culturale e sociale riguarda i paesi dell’area mediterranea che da qualche tempo sono protagonisti di un vasto dibattito culturale e artistico. Le stesse differenze, a volte vere e proprie divisioni, tra Paesi dell’Unione, sono interessante ambito di riflessione che alcuni noti artisti stanno analizzando e portando nel proprio lavoro. La cura dei luoghi e delle comunità deve partire anche dalle periferie dell’Europa. Non possiamo infatti immaginare un’Europa ospitale, capace e ambientalista prescindendo dall’analisi delle diseguaglianze che la stanno frammentando sempre più.
In questo senso la Fondazione ha individuato negli artisti Botto&Bruno gli interlocutori ideali per la scrittura di un nuovo progetto.
L’opera è allestita al primo piano della Galleria Sabauda, nella Sala degli Stucchi, in un ambiente caratterizzato da un’esuberanza decorativa neobarocca.
Si tratta di un’installazione dalla natura migrante, che riunisce le tracce e i segni del tempo e delle culture che l’hanno modellata e costruita. Nella visione di Botto&Bruno «i luoghi marginali hanno bisogno di essere protetti e curati e soprattutto hanno bisogno che le persone si attivino a conservarne la memoria».
Ispirandosi alle parole di Marc Augé per il quale «il nostro tempo non produce più rovine perché non ne ha il tempo», gli artisti hanno concepito una struttura che evoca una rovina contemporanea, le cui pareti esterne costituiscono i resti di un’architettura modernista e dell’utopia che rappresenta.
L’opera è concepita come una struttura praticabile di grandi dimensioni al cui interno, dalle pareti al pavimento, si dispiega l’immagine di un paesaggio suburbano denso di ossidazioni, macchie e reperti, trasformato in una sorta di dagherrotipo dall’azione del tempo. Al centro dello spazio, sopra un basamento, un libro d’artista di trecento pagine raccoglie una serie di fotografie scattate dagli artisti in venti anni di lavoro, modificate pittoricamente con la stessa tecnica delle immagini a parete, che testimoniano luoghi scomparsi, alterati e dimenticati.
«L’idea di una casa che seppur fragile, diroccata, scelga di proteggere la memoria di questi luoghi perduti» – spiegano Botto&Bruno – «ci sembra l’unica via per poter costruire le basi per un nuovo e più costruttivo approccio per affrontare le problematiche sull’ambiente».
The ballad of forgotten places si configura dunque come una profonda riflessione sulla contemporaneità e sul ruolo dell’arte quale strumento, non solo di lettura o narrazione della società, ma anche indispensabile motore di trasformazione estetica del presente.
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