Michela Murgia – Circolo dei Lettori

circolo dei lettori, Michela Murgia Circolo dei Lettori In nome dell'amore

Michela Murgia
“In nome dell’amore”
Circolo dei Lettori – Torino
da un’idea di Antonio Pascale

Quante ore passiamo a parlare d’amore?
Storie cominciate, finite male, interrotte sul più bello, storie come romanzi, storie che sembrano essere definitive, e invece.
Per districare elementi, analizzare tormenti, passioni e felicità, alleviare le pene (o moltiplicare le gioie), cinque scrittori, un poeta, un filosofo e un mattatore radiofonico raccontano le difficili meravigliose declinazioni dei sentimenti in narrazioni multimediali fatte di parole, immagini, musica e arte.
Perché, spesso, l’amore lo viviamo intensamente, senza però capirlo davvero.

Bookshop a cura di Libreria Therese.

www.circololettori.it

Michela Murgia
Amare è un atto di immaginazione

Il primo gesto concreto di una storia d’amore ne è in realtà il capitolo finale, che arriva quando tutto è già stato fantasticato nel desiderio. È lì – dove vivono le Beatrici e le Silvie di tutta la poesia d’amore – che nascono i feticci.Negli spazi fantasiosi dell’amore un nastro per capelli è già tutta la donna che l’ha indossato.Nessuno può misurare la delusione nel toccare il corpo vivo fantasticato e scoprire che il desiderio era più seducente di ciò che desiderava.Il feticismo salva l’amore, sposando l’oggetto perché il soggetto non ci deluda mai.

Sandor Maria
“La donna giusta”
Adelphi Un pomeriggio, in una elegante pasticceria di Budapest, una donna racconta a un’altra donna come un giorno, avendo trovato nel portafogli di suo marito un pezzetto di nastro viola, abbia capito che nella vita di lui c’era stata, e forse c’era ancora, una passione segreta e bruciante, e come da quel momento abbia cercato, invano, di riconquistarlo. Una notte, in un caffè della stessa città, bevendo vino e fumando una sigaretta dopo l’altra, l’uomo che è stato suo marito racconta a un altro uomo come abbia aspettato per anni una donna che era diventata per lui una ragione di vita e insieme “un veleno mortale”, e come, dopo aver lasciato per lei la prima moglie, l’abbia sposata – e poi inesorabilmente perduta. All’alba, in un alberghetto di Roma, sfogliando un album di fotografie, questa stessa donna racconta al suo amante (un batterista ungherese) come lei, la serva venuta dalla campagna, sia riuscita a sposare un uomo ricco, e come nella passione possa esserci ferocia, risentimento, vendetta. Molti anni dopo, nel bar di New York dove lavora, sarà proprio il batterista a raccontare a un esule del suo stesso paese l’epilogo di tutta la storia. Al pari delle “Braci” e di “Divorzio a Buda”, questo romanzo appartiene al periodo più felice e incandescente dell’opera di Márai, quegli anni Quaranta in cui lo scrittore sembra aver voluto fissare in perfetti cristalli alcuni intrecci di passioni e menzogne, di tradimenti e crudeltà, di rivolte e dedizioni che hanno la capacità di parlare a ogni lettore.

IL POSTO DELLE PAROLE
ascoltare fa pensare
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