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Matteo Codignola – Ettore Sottsass “Per qualcuno può essere lo spazio”

Matteo Codignola, curatore del libro "Per qualcuno può essere lo spazio" di Ettore Sottsass, Mondadori Electa

Matteo Codignola, curatore di
Ettore Sottsass
“Per qualcuno può essere lo spazio”
Adelphi

adelphi.it

Le carte, i disegni, le fotografie di Ettore Sottsass formano uno sterminato continente fisico e mentale – qualcosa come quei caotici storyboard che rendono le pareti preparatorie di alcuni registi più appassionanti del film che ne deriva, o quelle di alcuni poliziotti più interessanti della soluzione del caso. Questo libro rappresenta un inizio di esplorazione degli anni Quaranta-Cinquanta, periodo in cui Sottsass cercava una sua strada nell’unico modo che sembrava essergli congeniale: percorrerle tutte. Accompagnandolo nei primi passi, il lettore sarà sorpreso di trovare un catalogo minuzioso dei colori reperibili negli scompartimenti dei treni americani, un racconto di guerra nei Balcani, un ritratto di Spazzapan (il pittore cui Sottsass sosteneva di dovere tutto), o l’abbozzo di un manifesto artistico. Ma la sorpresa principale sarà scoprirsi, solo dopo qualche pagina, vittima per contagio della sindrome Sottsass, e del suo sintomo più prezioso: un’infinita, e indefinibile, curiosità per tutto.

A cura di Matteo Codignola.

Il centenario di Ettore Sottsass (Innsbruck, 1917 – Milano, 2007) non passerà. O, perlomeno, non è passato inosservato. Fra i numerosissimi omaggi, sono tre le principali mostre da visitare, facendo ben attenzione ai necessari déjà vu. Tre esposizioni dislocate in altrettanti angoli della terra, tre vedute su un caleidoscopio di visioni.
A New York, al Met Breuer, ha già inaugurato Ettore Sottsass. Design Radical, una rivisitazione e, anche, una rivalutazione della carriera del designer, analizzata in chiave mediale, attraverso architettura, disegni, interior, arredi, macchine, ceramiche, gioielli, dipinti, tessuti e fotografie. La mostra presenta un ottimo grado di comparazione tra il lavoro di Sottsass e alcuni oggetti contemporanei, influenzati dalle sue pratiche precorritrici. Un dialogo che ha messo in luce quali siano state le intuizioni che lo hanno reso, e che lo rendono ancora oggi, un’icona di paragone, riposizionata all’interno di un discorso più ampio sul ruolo del design italiano.
Ad Amsterdam, allo Stedelijk Museum, ad aprile 2018, inaugurerà la prima retrospettiva olandese dedicata al designer e critico italiano, a seguito non solo dell’acquisizione di un corpus di lavori degli Anni Sessanta, ma anche del monumentale Cabinet n. 70 (2006) e del gigantesco Superbox (1966). Un’ottantina di pietre miliari che ripercorreranno in maniera cronologica il percorso tra Modernismo e Funzionalismo, valorizzando le influenze apprese da altre culture, il grado di sperimentazione con materiali e forme, l’umanesimo e infine la dilagante sagacia dei suoi lavori.

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