Riccardo Marchina
“Zeus ti vede”
Neos Edizioni
http://www.neosedizioni.it/
Pietro, quattro figli, due ex mogli e un buon lavoro, si trova improvvisamente licenziato e indagato per omicidio. Riprendere il filo della propria vita sarà molto più difficile del previsto, in questo paese che non è per perdenti. Sullo sfondo uno scalcinato ma accogliente borgo Campidoglio e le periferie sindacalizzate delle fabbrichette.
Il protagonista di queste pagine ha due famiglie da mantenere e un ottimo posto di lavoro in un’impresa di torrefazione, ma quando una multinazionale olandese acquisisce l’azienda, viene licenziato come esubero, e la responsabile del personale, che ha una relazione con lui, viene assassinata. Tutti i dipendenti ed ex dipendenti vengono indagati.
La vita di Pietro viene sconvolta: le sue giornate ora vuote, vengono scandite da nuovi colloqui di lavoro, confronti con il tutor, convocazioni in commissariato e problemi logistici e di vario genere dovuti alle due famiglie. A sostenerlo compare Mascia, giovane e provocante cameriera di una taverna del Borgo Campidoglio che porta sulla schiena un tatuaggio triangolare che contiene un occhio, “Zeus ti vede”.
Con questo romanzo, Riccardo Marchina torna a proporci una riflessione sul mondo del lavoro da un punto di vista dichiaratamente maschile: la chat del calcetto, tutor e responsabili del personale completamente imbevuti di tecniche e filosofie aziendali, contraddizioni tra efficienza globale e made in Italy a tutti i costi; start-up che in realtà sono il rimedio estremo all’impossibilità di ricollocarsi.
Avvincendo il lettore con il meccanismo del giallo lo scrittore ci affonda insieme al suo protagonista in una realtà contemporanea assurda, frenetica e imprendibile, teorica e disumana, una situazione purtroppo oggi vissuta da tanti, che solo con la disponibilità ad abbandonare tutti i propri schemi e il proprio passato può forse essere superata.
Risposi solo perché l’inserzione mi aveva colpito, aveva quel non so che di storico. Era vintage. Mi ritrovai a martellare con il telefono bar, ristoranti, aziende, distributori e supermercati per convincerli ad avere il nostro caffè. A Torino, ci toccava fare i conti con almeno altri tre marchi più blasonati. Poi, ce n’era un quarto in cima all’Olimpo. Per noi era irraggiungibile, e soprattutto avrebbe potuto stritolarci in meno di una settimana.
Altro che città dell’automobile. Prima di tutto, Torino era la città del caffè. Lo era per me e per i miei colleghi, corpi estranei al mondo della meccanica, dell’auto e delle mitiche tute blu dei tempi di Cesare.
Quando l’amministratore delegato pronunciò una frase del genere “i vostri contratti vengono prima delle nostre vite”; un po’ tutti si sentirono come il candidato a morte che inciampa sul patibolo ed è anche consapevole che porti sfortuna…
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