Paolo Bertinetti
“Spie & Romanzi”
Sabato 16 novembre 2019, Savigliano (Cuneo)
Torna a Savigliano, sabato 16 novembre, nelle splendide cornici dell’ex convento di Santa Monica, sede decentrata dell’Università di Torino (via Garibaldi, 6) e di Palazzo Taffini d’Acceglio, via Sant’Andrea 53, la seconda edizione di “SPIE & ROMANZI”, rassegna letteraria nazionale sul romanzo di spionaggio.
Nato da una idea di Paolo Bertinetti, già Preside della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Torino e professore emerito di Letteratura Inglese, il festival intende creare occasioni di contaminazione culturale, aprendo il dibattito su temi di assoluta attualità.
L’evento, organizzato in collaborazione con il Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere e Culture Moderne dell’Università degli Studi di Torino e con l’Ordine dei Giornalisti del Piemonte (il convegno assegnerà crediti formativi ai giornalisti iscritti), grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Savigliano, della Banca Cassa di Risparmio di Savigliano Spa, della SistemiCuneo e della Beni di Batasiolo Spa di La Morra avrà inizio alle 9,30 del sabato mattino con un convegno, aperto in particolare agli studenti delle scuole superiori e universitari, dal titolo “Spionaggio, informazione e cybercrime: tra romanzo e realtà”, convegno moderato da Bertinetti e al quale parteciperanno, come relatori, Marcello Barengo Gardin di SkyTV (mediapartner della rassegna), Valerio D’Alessandro, vicedirettore generale di Confindustria Cuneo, Paolo Gerbaldo, storico e saggista, oltre al dottor Ilario Fabbri della Presidenza del Consiglio dei Ministri. La rassegna proseguirà nel pomeriggio di sabato, alle ore 16,30 presso Palazzo Taffini (g. c. dalla Banca Cassa di Risparmio di Savigliano Spa), con una conversazione tra Paolo Bertinetti e Bruno Gambarotta sui romanzi di John le Carré e la presentazione del romanzo di spionaggio Il maestro del silenzio (Rizzoli) di Giulio Massobrio (sarà presente l’autore). A seguire un aperitivo per tutti.
“Negli ultimi anni della mia attività didattica a Torino ho registrato particolare interesse su questo nuovo filone letterario.” riferisce lo stesso Bertinetti “Ho così deciso di proporre, proprio qui a Savigliano, sede decentrata dell’Università degli Studi di Torino, questo progetto, per ora in edizione sperimentale, per coltivare aggregazione su queste tematiche narrative. Ringrazio tutti gli sponsor della manifestazione e in particolare la Fondazione CRS con il suo Presidente Sergio Soave per la sensibilità dimostrata su un nuovo prodotto culturale che potrà esser ulteriormente sviluppato nei prossimi anni. Ringrazio, infine, Filippo Monge, Direttore della rassegna, per l’impegno dimostrato nelle varie fasi organizzative di questo importante evento per il territorio”
Tutte le iniziative della rassegna saranno ad ingresso libero. Informazioni al 349.8640343.
Paolo Bertinetti
“I maestri della spy story inglese”
Edizioni dell’Asino
www.asinoedizioni.it
I poteri combattono a colpi di maschere e di pugnali, le guerre si combattono anche con le spie. Grandi romanzieri inglesi, da Conrad a Greene, da Ambler a le Carré, dice Bertinetti, le hanno raccontate meglio di tutti. Prefazione di Goffredo Fofi.
Giulio Massobrio
“Il maestro del silenzio”
Rizzoli Editore
www.rizzolilibri.it
Non esistono. Combattono una guerra invisibile. Sono gli agenti dell’Unità Zero. Giulio Massobrio riscrive il genere della spy story restituendo contraddizioni, debolezze e umanità di chi opera nelle più riservate agenzie di intelligence.
Figure furtive scivolano nei caruggi, nelle ombre della casba di Genova tra il caos delle botteghe e i silenzi di vecchi bordelli. Da lontano occhi attenti osservano, perché il tempo incalza e gli eventi sbandano ora che sulla Superba, nei giorni della Conferenza Internazionale del Mediterraneo, incombe la minaccia di un attentato. A sventarla, in un clima di tensione e paura che opprime l’Europa intera, è chiamata l’Unità Zero dei Servizi italiani, capeggiata dal veterano Fosco e da Petra, la “numero due” con cui è meglio non incrociare troppo a lungo lo sguardo. La squadra si avvale di scrupolosi analisti, abilissimi hacker, infallibili operativi e soprattutto di Mimo: il trasformista dai cento volti, l’agente segreto condannato a vivere mille vite. Ma stavolta la trama ordita dal nemico sembra invincibile. E solo calandosi nella mente dell’avversario, l’Unità Zero potrà riuscire a neutralizzarne gli intenti di morte. Grazie a una meticolosa ricerca sul campo, Giulio Massobrio crea una perfetta alternanza tra il ritmo dell’azione e le schermaglie del duello psicologico. Riscrive il genere della spy story restituendo le intime contraddizioni, le debolezze inconfessabili, la tormentata umanità delle donne e degli uomini che operano nelle più riservate agenzie di intelligence.
Nove romanzi di John le Carré editati negli Oscar Classici con la postfazione di Paolo Bertinetti
La Stampa 2 novembre 2019
www.lastampa.it
di Paolo Bertinetti
www.librimondadori.it
Quando Ian McEwan dice che le Carré è probabilmente il più importante romanziere inglese del secondo Novecento e che è ora di smetterla di considerarlo uno «scrittore di romanzi di spionaggio» e di apprezzarne invece le straordinarie qualità di grande romanziere, si riferisce non solo ai temi e a i contenuti dell’opera di le Carré, ma anche alla sua sapienza stilistica e narrativa. La sua prosa è ricca di immagini in cui l’ambiente, gli oggetti, le strade, le case, vengono definiti con un linguaggio di grande forza evocativa, in modo da far parte essi stessi del senso e della morale della vicenda narrata; e le sue storie sono raccontate con una mirabile sapienza narrativa che si manifesta nell’ordine e nel rigore con cui viene costruita una trama di intricata complessità.
Spesso le Carré aumenta poi ulteriormente la suspense proponendo al lettore successivi «rovesciamenti» rispetto alla soluzione conclusiva; e ciò avviene grazie al fatto che la missione procede senza che l’agente ne conosca gli elementi decisivi. La rivelazione, ad esempio, folgorerà Leamas, il protagonista di La spia che venne dal freddo, molto tardi e non verrà resa nota al lettore – che a quel punto sa soltanto che Leamas sa e che lui dovrà aspettare ancora per sapere.
Altrettanto importante è il fatto che il procedere della vicenda è spesso accompagnato non da informazioni oggettive, ma da impressioni, supposizioni, voci provenienti da chi sa e che si contrappongono a ciò che il protagonista ignora. Quando il protagonista è Smiley accade spesso che per un’ampia fase «l’azione» consista nelle sue minuziose ricerche d’archivio o in chiacchierate mirate con ex-agenti fidati. In questi casi la trama, per così dire, emerge dal confronto e dal rapporto tra dati e storie che offrono dei frammenti di verità che sta poi al protagonista ricondurre all’unità risolutiva.
La verità è sfuggente, spesso scomoda, mai scontata. L’agente segreto sa che tutti gli possono mentire e che deve riuscire a far credere di dire la verità quando a mentire è lui. Questo è drammaticamente ancora più vero quando l’agente è un double agent. Il tradimento di Kim Philby, il funzionario dei Servizi segreti britannici che in realtà era una spia dei russi, ha un ruolo rilevante nell’opera di le Carré. A differenza di ciò che accadde nel caso Philby, in La talpa il double agent, il traditore, sarà individuato ed eliminato. Ma in quello che Philip Roth definì il miglior romanzo inglese del dopoguerra, La spia perfetta, il double agent è visto in una luce decisamente diversa.
Anche perché la sua storia è al tempo stesso una storia di grande acutezza sulla società inglese dagli anni Trenta del secolo scorso in poi: un acutissimo ritratto dei principi, dei pregiudizi, dell’improntitudine con cui la classe dominante britannica ha continuato a porsi con imperturbabile sicurezza nei confronti dei propri membri e di quelli della classi inferiori.
Quando quel romanzo uscì, nel 1986, la Guerra fredda attraversava una fase virulenta, conseguenza del potenziamento militare dei Paesi dell’Europa Orientale. Una manifestazione di forza che ne nascondeva la debolezza: nel 1989 la caduta del Muro di Berlino segnò l’inizio della rapida dissoluzione del blocco sovietico. Dopo la fine dell’Urss molti pensarono che le Carré non avrebbe più saputo che cosa e di che cosa scrivere, perché la Guerra fredda era stata la fonte e la materia prima della sua invenzione narrativa. Non è stato così. La sua attenzione si è concentrata sull’Occidente e sulle sue malefatte: quelle dei colossi farmaceutici, delle banche truffaldine, delle multinazionali (che magari coltivano, come nel Nostro traditore tipo, segreti legami con la mafia russa).
In realtà anche nei romanzi scritti prima del 1989 le Carré si preoccupava dei valori (e del non rispetto dei valori) dell’Occidente. Ma una volta scomparsa la necessità di osservarli alla luce della contrapposizione tra i due blocchi e attraverso le imprese dei rispettivi agenti segreti, come liberato dal dovere di «stare dalla nostra parte», le Carré ha mantenuto schemi e forma del genere spionistico per applicarli a quel tipo di invenzione narrativa che è propria del grande romanzo. Ha messo la suspense al servizio della rappresentazione del mondo di fine Novecento e di inizio di terzo millennio, cogliendone trasformazioni e infamie
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