Paola Baratto
“Malgrado il vento”
Manni Editori
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Paola Baratto, racconta a “il posto delle parole” il suo libro di racconti “Malgrado il vento”
Attilio è un venditore di bellezza, Elio un filosofo del sottosuolo, Natalia una giardiniera “abusiva”, Ada trasforma in nature morte l’immondizia, Giulio colleziona istanti, Lilli è sempre a caccia di prede…
I protagonisti di questi tredici racconti abitano nello stesso quartiere, s’incontrano o si evitano, condividono ritrovi: il minimarket di Adelmo, il ponte sul canale, il parco, il singolare salone estetico di Fernanda.
Ognuno è convinto di avere qualcosa di memorabile da raccontare. Che potrebbe meritare l’onore delle pagine.
Tomas, lo scrittore, li osserva dalla giusta distanza. Ai suoi occhi sono proprio loro, in realtà, a risultare interessanti. Li ascolta. E riesce a riconoscere, in quelle vite ordinarie, microcosmi degni d’essere narrati. A percepire, in ciò che non viene espresso, un fruscio d’inconsapevole poesia.
Paola Baratto, giornalista e scrittrice, è nata e vive a Brescia. Collabora con il “Giornale di Brescia” su cui ha una rubrica di curiosità storico-culturali dal 2011.
da “Giornale di Brescia”, Claudio Baroni
Si può “fare il filosofo” a svuotare cantine. Come Elio, che osserva affascinato i molti modi, ma in fondo sempre gli stessi, che le persone hanno, nel lasciare che gli oggetti si affastellino nei sotterranei della vita, quasi a voler rinviare il momento di “dover ammettere che quelle cose che un tempo avevano avuto un senso ora non lo avevano più″. Oggetti, attimi e racconti che resistono. “Malgrado il vento”, come dice il titolo del volumetto che Paola Baratto offre, fresco di stampa, per l’editore Manni (80 pagine, 12 euro; e-book 6,99).
Non inganni la dizione di copertina: non sono soltanto “racconti”, sono sguardi su un affresco unitario, dedicati ad altrettanti personaggi, legati da un filo invisibile che si allaccia e si scioglie, e che li unisce nel vecchio quartiere, senza che neppure se ne rendano conto. Paola Baratto riprende il Calvino de “Le città invisibili” nel tessere quel filo che “allaccia un essere vivente ad un altro… cosicché a ogni secondo la città infelice contiene una città felice che nemmeno sa di esistere”.
Ha una musicalità particolare, questo volumetto. Vibrazioni e luci da cogliere. Un tono “francese”, verrebbe da dire, capace di narrare lo stato d’animo delle persone mentre nulla sembra cambiare proprio quando la vita ne viene stravolta. Sa rappresentare il mutamento profondo della quotidianità nel ripetersi sempre uguale. Paola Baratto, scrittrice dalla penna levigata e acuta (i lettori del nostro giornale la conoscono anche per i suoi elzeviri), accanto ai romanzi con i quali ha sondato i nervi scoperti del nostro tempo, già nei racconti di “Giardini d’inverno” e di “Tra nevi ingenue” aveva mostrato la sua abilità nei ritratti, nelle storie distillate in poche pagine. In “Malgrado il vento” ora mette in scena i suoi tredici personaggi nello stesso quartiere, li osserva mentre si passano accanto, più che incontrarsi, e diventano specchio reciproco l’uno dell’altro. La vecchia dimora sta dirimpetto al condominio sciatto, mentre Eugenio cerca il “piacere di passare tra muri vecchi e sbrecciati”. Berto, l’ingegnere, si ferma a leggere il giornale sul ponte a scavalco d’un vecchio canale, come per restare “a metà di qualcosa”. Giulio si appunta l’ora e il luogo, e la luce dell’”istante perfetto”, seduto al bar dell’angolo ad osservare “un corteo ininterrotto di persone inquiete”. Se ne va l’auto di Veronica, elegante signora, che cerca di lenire le pene di donna abbandonata dal suo gatto.
Ognuno ha il proprio segreto. Aldo, l’avvocato rimasto vedovo, portando a spasso il cane, scopre quanto poco conoscesse sua moglie. E giunge nel salone affollato di Fernanda, che offre polpette di baccalà (alla portoghese) a chi passa nella sua coloratissima casa. Natalia, gardiniera abusiva, coltiva ortensie. Attilio offre vedute di bellezza. Ada scatta istantanee in bianco e nero che sanno trasformare in poesia anche la spazzatura.
Un mondo intero ruota attorno al piccolo parco e si incontra al minimarket di Adelmo, come osserva Marta, la giornalista. Ma ora sono arrivati i cinesi e la composita schiera che lo frequenta non ha più ragioni per soffermarsi, neppure Lilli che parla da sola e sembra sempre in cerca di una preda. Ciascuno ha una sua storia da raccontare, se si ha la pazienza di ascoltarle, come fa Tomas, lo scrittore spuntato dal nulla. “Non c’è letteratura nei racconti della gente”, spiega, dietro le lenti scure, mentre aggiunge che la sua “è una pesca da strada, senza lenza e senza fatica, che compiace chi si fa prendere all’amo” e che “sono le persone stesse, del resto, ormai largamente arrese alla tentazione di narrare di sé, a fornire il pretesto e l’occasione”. Tomas si propone per scrivere ritratti, anche biografie per chi è più generoso. Per lui conta più il non detto: quanta poesia nelle omissioni. Cerca sempre “la smagliatura nella trama tersa”. Convinto che “letteratura non è ascoltare la storia che vi è scritta, ma percepire quell’odore. Vedere il colore delle parole, per quanto sbiadite. Riconoscerne i suoni differenti e le potenziali risonanze”. C’è una dichiarazione di principio nelle sue parole: “Sono tuttavia quello che continua a vedere i colori malgrado il vento abbia snudato da tempo le fronde”.
Anche per Paola Baratto è così: la scrittura, la letteratura, “malgrado il vento”.
IL POSTO DELLE PAROLE
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