IL POSTO DELLE PAROLE
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CONVERSAZIONE
DI
LIVIO PARTITI
CON
MARCO GOLDIN
"RAFFAELLO VERSO PICASSO"
storie di sguardi, volti e figure
VICENZA – BASILICA PALLADIANA
06 ottobre 12 > 20 gennaio 13
linea d'ombra
[…] E adesso avete davanti questa mostra. Ho desiderato farla. Ho
lavorato a lungo sul tema, amatissimo, della natura dipinta, con molte
esposizioni e molti libri. E un altro ampio progetto su questo, vado
preparando. Ma è venuto un tempo in cui ho sentito la necessità, forte,
di confrontarmi con qualcosa che ha sempre suscitato in me una risonanza
dilagante. Questa mostra non è in alcun modo una storia del ritratto,
anche se il ritratto dipinto ne costituisce l’elemento cardine e
centrale. Non lo è, perché mai ha voluto esserlo. È invece il racconto
dello sguardo. Dei molti sguardi che ho incontrato studiando la pittura.
Da quelli abitati dallo spirito divino di Fra’ Angelico, fino a quelli,
ciechi e pieni di corpo esposto, di Francis Bacon. Per questo motivo,
nelle pagine che seguono, ho ragionato tanto a lungo, da diversi punti
di vista, proprio sullo sguardo. Che è il vero tema centrale, il nodo
attorno a cui la mostra si compone e si dispone. E che, spero, non
lascerà indifferenti. Lo sguardo spiegato anche nella filosofia, nella
poesia, nella letteratura in senso più ampio. Lo sguardo che non è solo
osservazione di occhi stupefatti, ma è anche parte del corpo, sua
estensione nello spazio, contatto con l’aria che si definisce nei colori
della visione. Lo sguardo è una meravigliosa complessità, e per questo
ho voluto dedicarvi una mostra e alcuni capitoli di questo libro. Una
volta ancora, il desiderio di raccontare.
E nel proporre il titolo di
questa esposizione, come un moto verso luogo, ho scritto Raffaello
verso Picasso. Per me, il senso di un andare da una perfezione quasi
apollinea nella rappresentazione di un volto, a quello di palese rottura
della forma e riorganizzazione entro canoni diversi. L’andare
dall’incanto rinascimentale all’inquietudine novecentesca. Non a caso,
l’ultima sezione della mostra è la sola dedicata a un secolo
identificato. Perché negli ultimi anni dell’Ottocento avviene una
frattura, si attua lo stacco rispetto a quella lunga tradizione della
forma che l’aveva resa inviolabile, immortale. Quando invece la forma si
spezza, sussulta, si fessura da ogni lato sotto la spinta prima di
Cézanne e poi naturalmente dei cubisti. Si scardina l’idea di una
purezza che veniva dal tempo, lontanissimo ormai, di Botticelli e
Raffaello. Per questo nel titolo c’è quel verso, a indicare un punto di
partenza e un parziale punto di arrivo, a indicare un percorso lungo
secoli. A indicare la complessità di una storia carica di
suggestioni.Che si tende dallo sguardo svuotato di vita del Cristo
deposto, a quello altero eppure confidente di un re. Da quello di una
donna seduta sull’erba fino a quello, interrogante e attonito, di una
figura che appare in una casa borghese. Dalla certezza dell’essere nel
mondo dentro l’armonia rinascimentale, all’incertezza di essere colui, o
colei, che interroga con lo sguardo.
Forse sbaglio, ma non ho
voluto coltivare solo l’ambizione della storia. Nelle quattro sezioni in
cui la mostra si articola, le presenze invece sono spesso variamente
combinate e intrecciate. Seguendo il filo delle derivazioni, delle
desinenze ma anche dell’incanto. Certo, una storia del ritratto emerge
da tutti questi quadri, nelle soste che la mostra fa attorno a figure
fondamentali. Per cui, chi la voglia leggere in questo senso, troverà
utili, seppur non complete, motivazioni. Ma per chi voglia andare anche
oltre, e riconoscere in tanti volti la pienezza appunto dello sguardo,
questa mostra rappresenterà un emozionato viaggio dentro la coscienza
più profonda. Che è appartenere al mondo e ugualmente sentire di far
parte dell’infinito.
Un lungo viaggio. Che comincia nella Firenze
d’inizio Quattrocento e prosegue poi, attraversando secoli e contrade di
tante nazioni, fino a giungere a una casa davanti all’oceano. Su una
piccola collina, dove il vento spazza l’erba della fine dell’estate.
Sono sguardi che si rincorrono, volti sui quali si è posato, o
abbattuto, il tempo. In tutti loro si può leggere, senza dubbio, il
procedere della storia dell’arte, il gusto finissimo della pittura e la
sua evoluzione. Comprendendo come ogni secolo sia dalla diversità e pur
tuttavia dalla continuità con quello precedente. Osservando ogni quadro,
si potranno scoprire le peculiarità di ogni scuola, di ogni artista, di
ogni nazione. Sentire il battito forte del talento che si esprime, la
sua pienezza raggiunta, l’essenza di quei volti e di quelle figure. E
avere così, nella vastissima distensione dei secoli, l’idea di cosa sia
stato dipingere un volto. Appunto, creare un ritratto. Anche quando quel
volto stava a capo di un corpo, che si esprimeva attraverso la sua
presenza nello spazio del mondo. Ma soprattutto, questa avventura
interminabile, è dedicata allo sguardo. Alla sua incertezza, al suo
dichiararsi, al suo essere se stesso, al suo ripararsi. Perché lo
sguardo si prende cura, protegge. E questa mostra, volendolo in ogni
modo, è il racconto di uno sguardo che ama. E toglie dal pericolo.
Marco Goldin, Prologo in forma di (quasi) privata confessione
(dal catalogo della mostra)
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Giovanni Bellini, Madonna con il Bambino, 1509
olio su tavola, cm 84,8 x 106
Detroit Institute of Arts
acquisto della città di Detroit
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John Singer Sargent, Mrs. Fiske Warren (Gretchen Osgood) con la figlia Rachele, 1903
olio su tela, cm 152,4 x 102,55
Boston, Museum of Fine Arts
Dono di Mrs. Rachel Warren Barton e Emily L. Ainsley Fund
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Edgar Degas, Edmondo e Thérèse Morbilli, 1865 circa
olio su tela, cm 116, 5 x 88,3
Boston, Museum of Fine Arts
Dono di Robert Treat Paine II
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Andrew Wyeth, Christina Olson, 1947
tempera su tavola, cm 83,8 x 63,5
Minneapolis, MN Curtis Galleries
© Andrew Wyeth
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ascoltare fa pensare