Francesca Diano
traduttrice di:
“Cuore di Malabar”
Anita Nair
Marco Saya Edizioni
marcosayaedizioni.com
“Chi legge la prosa di Anita Nair si accorge presto che non è solo una romanziera e prosatrice sapiente, ma può percepire, serpeggiante sotto la robusta struttura dei suoi testi, una vena lirica e poetica che emerge a tratti con grande forza e ruba la scena…
Ci sono momenti in cui lo stile si fa improvvisamente più alto, cantante, ed ecco hai quasi di fronte dei petits poèmes en prose incastonati nel testo e mi è accaduto, in quei momenti, di sentirmi trascinata dalla lingua in una dimensione diversa, vibrante a un diverso registro. Nessuno quanto un traduttore infatti ha la possibilità, il privilegio direi, di penetrare nei meccanismi più profondi della scrittura di un autore e di osservare la formazione stessa del processo creativo; il suo costruirsi, il suo dispiegarsi fino a raggiungere la sua forma compiuta. Dunque non deve meravigliare se Anita Nair è anche autrice di testi poetici, raccolti e pubblicati per la prima volta nel 2002 col titolo di Malabar Mind (Cuore di Malabar) e, nel 2010, in una nuova edizione per i tipi di Harper Collins India. Il significato del titolo lo spiega lei stessa all’interno della raccolta:
“Un tempo il Malabar era un distretto britannico. Dopo l’Indipendenza, il Malabar non venne più riconosciuto come distretto e la regione fu divisa a formare la parte settentrionale dell’attuale Kerala. Anche se il Malabar non ha dei confini geografici, né compare sulle carte geografiche dell’India, esiste comunque tutt’ora come una condizione psichica[1].”
Da queste parole deriva la mia scelta di tradurre mind con ‘cuore’ e non con mente, poiché quella che celebra Anita è la dimensione non duale della mente/cuore. Uno stato dell’essere, una condizione esistenziale e allo stesso tempo una visione del mondo. Del resto, in sanscrito, il termine per mente, manas, è usato indistintamente in entrambe le accezioni di mente e cuore.
I quaranta testi della raccolta, scritti nell’arco di una decina d’anni esplorano, soprattutto nella prima parte, un mondo che per l’autrice è stato fin dagli inizi un dovizioso serbatoio di ispirazione, immaginazione, ricordo e amore, miscelati e cucinati sapientemente nella sua fucina/cucina, eppure sempre usando un linguaggio lineare, senza artifici, spesso colloquiale e quotidiano. Il mondo del Kerala delle sue origini, delle origini della sua famiglia, di cui l’antico Malabar era parte, e in cui convivono moltissime contraddizioni. Un Kerala che torna come sfondo in molti dei suoi romanzi. ….
Quello che per Anita Nair significa la poesia, lei stessa l’ha dichiarato in un’intervista: >
Dunque, in un certo senso, mentre la sua narrativa è un meditato frutto della mente, la sua poesia ha natura epifanica, un luogo dove più apertamente si manifestano contenuti non mediati dell’inconscio. Ed è un aspetto interessante, perché rivela una forma di creatività che completa e in qualche modo alimenta l’altra. In effetti, chi conosce le opere di Anita Nair, ritroverà in questi testi poetici tutti i suoi temi e la sua visione del mondo, balenante per lampi, come lei stessa afferma; una luce sia pur intermittente che rende certo più nitida la percezione della sua narrativa e ne illumina i lati più in ombra. ”
[1] In inglese, state of mind, stato mentale, condizione psichica, ma anche stato d’animo. (N. d. T.)
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