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Claudio Vela “Il castello di Udine” Carlo Emilio Gadda

Carlo Emilio Gadda. Il castello di Udine. Adelphi

Claudio Vela
“Il castello di Udine”
Carlo Emilio Gadda
Adelphi Edizioni

www.adelphi.it

Il libro che ha rivelato Gadda al suo critico-alter ego, Gianfranco Contini, e gli ha fatto dire: «Il caso Carlo Emilio Gadda … serve a chiarire, proprio in linea di principio, quanto di risentimento, di passione e di nevrastenia covi dietro al fatto del “pastiche”; per che immane sfogo pratico un autore si decida a scritture così mescidate, scandalose».

Benché costretto, nel 1932, ad accettare una nuova «sfacchinata» ingegneresca, Gadda non ha la minima intenzione di dissipare la notorietà che La Madonna dei Filosofi, uscito l’anno prima, gli ha procurato nel­l’ambiente dei letterati. La scrittura è per lui «un prepotente bisogno», e un ripiega­mento sarebbe inconcepibile: «la realtà deve essere, il resto non importa». Con i proventi della corvée presso i Servizi tec­nici del Vaticano finanzierà dunque nel 1934 Il castello di Udine: libro variegato, ri­luttante a ogni definizione di genere, sti­listicamente tracotante. I ricordi di guer­ra ci consegnano la bruciante delusione di chi ha visto il sogno di «una vivente pa­tria, come nei libri di Livio e di Cesare» annientato dall’incapacità degli alti coman­di di raffigurarsi le «correlazioni comples­se» che legano l’esercito «al resto del mon­do»; dal mito, «ignobile e turpe», della furberia; da una prigionia che lo ha travol­to «verso la riva dell’inutilità». Ma subito dopo la cronaca di una crociera nel Medi­terraneo proietta l’immagine di un mon­dano, ironico reporter; l’invettiva contro i musici di strada, molesti perturbatori delle notti milanesi, quella di un bizzoso moralista; il racconto La fidanzata di Elio – dove le virtù di Luisa lasciano presagire una vi­ta «drappeggiata di linòleum, risfolgorata di nichelio» – quella di un incendiario Robespierre della borghesia milanese. A ben vedere, tuttavia, un filo rosso, tenace e se­greto, unisce queste prose in apparenza di­sparate, screziandole di dolore e di san­gue, come se la prima sezione gettasse fiot­ti d’ombra su tutta la raccolta: il lutto insa­nabile per chi è caduto in guerra – come il fratello Enrico, «la parte migliore e più ca­ra di me stesso».

Carlo Emilio Gadda nasce a Milano nel 1893. Si iscrive al Politecnico per studiare ingegneria ma nel 1915 parte volontario per il fronte (e solo nel 1955 pubblica il Giornale di guerra e di prigionia sulla dolorosa esperienza della guerra). Collaboratore della rivista “Solaria”, dal 1931, dopo aver esercitato per anni la professione di ingegnere, riesce a dedicarsi completamente all’attività letteraria e pubblica La madonna dei filosofi a cui segue, nel 1934, Il castello di Udine. Nel 1936 scrive La cognizione del dolore (pubblicato in volume nel 1963 e nel 1970). Nel 1940 si trasferisce a Firenze dove frequenta critici e scrittori; nel 1944 pubblica la raccolta di racconti L’Adalgisa. Dal 1950 è a Roma dove lavora alla Rai e redige le Norme per la redazione di un testo radiofonico. Ottiene una grande notorietà con Quer pasticciaccio brutto di via Merulana (pubblicato in volume nel 1957), un giallo senza soluzione, ambientato nella Roma del 1927. Tra le opere dell’ultimo periodo va ricordato anche il saggio-pamphlet “Eros e Priapo” (1967) sulla retorica del regime fascista.

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