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Ada Vigliani “La foto mi guardava” Katja Petrowskaja

La foto mi guardava. Adelphi

Ada Vigliani
“La foto mi guardava”
Katja Petrowskaja
Adelphi

www.adelphi.it

Salone Internazionale del Libro di Torino
Sala Berlino del Centro Congressi si terrà l’evento “Lo scrittore e il suo doppio”, un dialogo tra Katja Petrowskaja e la sua traduttrice italiana, Ada Vigliani (in collaborazione con Adelphi e L’AutoreInvisibile).
L’incontro sarà moderato da Valentina Parisi.
Domenica 12 maggio, ore 13:00

Katja Petrowskaja al Circolo dei Lettori di Novara con Barbara Cottavaz
Salone Internazionale del Libro di Torino / Salone Off
Lunedì 13 maggio, ore 18:00

«Gli occhi del minatore mi hanno perseguitata per mesi, come fossero quelli di un lupo mannaro, mi ritrovavano sempre, e sempre erano rivolti direttamente a me, al tempo stesso vicini e lontani».

Traduzione di Ada Vigliani

«La foto mi guardava. Quella vicinanza mi ipnotizzava, ne ero addirittura spaventata. Non sapevo nemmeno dove si trovasse Krasnoarmijs’k, eppure quell’uomo era lì davanti a me, fin troppo vicino, e mi soffiava in faccia il fumo della sua sigaretta». Per anni, Katja Petrowskaja si è cimentata in un genere tanto antico quanto arduo, l’ecfrasi: non già di dipinti, ma di fotografie. Fotografie in cui si è imbattuta in una mostra, in un libro, in un mercato delle pulci; fotografie d’autore o riaffiorate dal suo archivio personale. Fotografie, sempre, dalle quali si è sentita scrutata, indagata, interpellata – come nel caso del minatore del Donbass avvolto dal fumo di una sigaretta. In un’epoca in cui dalle immagini siamo sopraffatti – tanto che, per sbarazzarcene in pochi istanti, abbiamo imparato a farne lo scrolling –, la Petrowskaja ha scelto l’audace via dell’osservazione lenta e minuziosa, l’unica in grado di spiegare l’attrazione che suscitavano in lei, e insieme di renderle parlanti, di svelarne segreti, di ricostruire la realtà che circondava quel lembo in apparenza inerte di vita, di trasformarle in storie. Storie che hanno spesso a che vedere con la Storia, con le «date che continuano a mordere», con le ferite immedicabili del Novecento, con le speranze infrante e le fedi vanificate dal tempo. Le fotografie scelte dalla Petrowskaja – dalla piccola Mira sopravvissuta al ghetto di Varsavia alla «triste poesia» dell’America fissata da Robert Frank, dalle restricted areas dell’Unione Sovietica al portone della Lubjanka incendiato nel 2015 da Pëtr Pavlenskij – scrutano, indagano, interpellano noi tutti, e la loro ecfrasi si rivela magnifico racconto.

Katja Petrowskaja studia Lettere e Slavistica all’Università di Tartu, in Estonia, e dopo una serie di studi di ricerca alla Stanford University e alla Columbia University, si laurea a Mosca. A quasi trent’anni si trasferisce a Berlino, dove inizia a lavorare come giornalista per testate russe e tedesche. Vincitrice nel 2010 di una borsa di ricerca della Fondazione Robert Bosch per la realizzazione della sua opera prima, nel 2013 si aggiudica il premio Ingeborg Bachmann con un capitolo del suo romanzo d’esordio Vielleicht Esther, pubblicato per intero nel 2014 (Forse Esther, Adelphi, 2014). Salutato dalla critica come un capolavoro, nel 2014 il romanzo ottiene una nomination al premio della Fiera del libro di Lipsia e l’ aspekte-Literaturpreis, e nel 2015 il premio Ernst Toller e il premio strega europeo.

IL POSTO DELLE PAROLE
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