Hans Tuzzi – Città di mare con nebbia

Sandor Weltmann "Città di mare con nebbia", Skira

Sandor Weltmann? Un fascio di fogli dattiloscritti. Come scrive Hans Tuzzi, curatore del volume, non è purtroppo possibile dare un volto e un nome a questo trasparente pseudonimo (una delle false identità del Dottor Mabuse nel film di Fritz Lang). Abbiamo soltanto un dattiloscritto. Dove, sotto il titolo Stadt am Meer im Nebel, si può leggere in lingua tedesca il racconto gotico qui proposto per la prima volta in traduzione italiana.

“Veridica relazione degli strani eventi accaduti nella nostra città l’inverno 1888, così come da me registrati…”
Con queste parole, cariche di mistero e aspettativa, inizia il documento che il narratore dice di aver trovato nel cassetto segreto di un mobile di famiglia.
E ben più che strani sono gli eventi che si svolgono in una ricca e tranquilla città di mare affacciata sul Baltico negli anni in cui la navigazione a vapore ha ormai sostituito i grandi velieri. Proprio su una di queste navi in città – in concomitanza con inspiegabili aggressioni notturne – giunge un misterioso straniero dal profilo rapace, che reca al seguito un servitore dall’aspetto inquietante.
Mentre la paura si insinua come nebbia sottile, le autorità indagano e l’attenzione del lucido e razionale capitano Veidt si concentra sempre più sullo straniero misterioso. E la vicenda – una città e il Male – si dipana, veloce ed essenziale, secondo moduli propri al grande cinema dell’espressionismo tedesco, sino a una fine sinistra, che non dissolve l’orrore.

Tedesco, cinefilo, vissuto a cavallo delle due guerre mondiali e forse sopravvissuto alla seconda, Weltmann fu certo persona di complessa cultura, con una evidente propensione per gli aspetti deformanti del quotidiano. Nel racconto, infatti, nulla è casuale, ogni particolare sembra pervaso da connessioni simboliche estremamente raffinate frutto di una mente, che, con linguaggio limpido eppure enigmatico, affida a ogni elemento, dal più banale al più raccapricciante, un significato preciso quanto indecifrabile. E la quotidianità appare, sulla pagina, deformata da una superiore prospettiva, come in pittura accade per le figure anamorfiche: il cranio negli Ambasciatori di Holbein, o quelle che si indovinano nel solido che incombe sul ritratto di Luca Pacioli esposto al Museo di Capodimonte.

IL POSTO DELLE PAROLE
ascoltare fa pensare