Giovanni Nucci
“La differenziazione dell’umido”
e altre storie politiche
Italo Svevo
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«Nucci è un nipotino di Dossi, Artusi, e Manganelli: un puer-senex, un bambino che la sa lunga come un anziano e per questo si rifiuta di crescere. Invece di dire cose serie e frontali, evade, elude, scherza».
Alfonso Berardinelli, il Foglio
Nominato senatore a vita, un poeta decide di scrivere un discorso da pronunciare al senato con cui ripercorrere il Giulio Cesare di Shakespeare come fosse un esempio distorto della nostra attualità politica. Questo è un utile libello politico, ma solo se si consente alla poesia la possibilità di aggiungere un valore alla gestione del presente.
La nuova filosofia ci mette nel dubbio, l’elemento del fuoco è spento, perduto il sole, e la terra, e non c’è ingegno umano che possa aiutarci a cercarli.
Gli uomini sembrano confessare che questo mondo è ormai estinto, quando nei pianeti e nel firmamento ne cerchiamo di nuovi, lì dove tutto è sbriciolato in atomi.
Tutto a pezzi, ogni coerenza scomparsa così come ogni giusto sostegno, o relazione.
John Donne, An Anatomy of the World
Così comincia “La differenziazione dell’umido”:
“Signor Presidente, colleghi senatori,
per quanto non voglia diffidare della fiducia che il Presidente della Repubblica ha voluto riporre nella mia persona, vengo qui – come si dice – con più dubbi che certezze: perché un poeta in quest’aula? Mi sono domandato. Quale valore mi renderebbe prezioso al vostro lavoro?
In cosa la letteratura potrebbe servire a questa istituzione? Pensavo fossero finiti i tempi in cui veniva chiesto alla poesia di prendere parte attiva alla vita politica del paese.
Il mio disagio, adesso, è nel pensare che la letteratura in realtà non serva a niente, e che dia il meglio nella sua inutilità. E proprio per questo non dovrebbe avere niente a che fare con il potere.
Ecco, dunque: per quanto la realtà intorno a noi sia oramai completamente frantumata, temo di non essere io a potervi dire come dovrebbe muoversi la terra, o come andrebbero costruite le cose al di là del loro stesso proposito.
Questa è una battuta che dice Cicerone nel Giulio Cesare di Shakespeare. «È un tempo con strane inclinazioni, ma gli uomini possono costruirsi le cose a loro modo, al di là del proposito delle cose stesse». Mi ha sempre colpito che Shakespeare nel suo dramma abbia voluto riservare una parte a Cicerone, anche se in tutto non gli fa dire più che sei battute. Cicerone era un avvocato, oltre che un grande scrittore e un politico abbastanza accorto: questo non depone a suo favore, ma spiega perché dà l’impressione di saperla molto più lunga di tutti gli altri. Di aver capito cosa sta succedendo e proprio per questo di volersi tenere alla larga da quegli accadimenti. “
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