Gianni Zampi
“I presupposti del disabitare”
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“Vendi tutto allora, vendi il gelso cavo,
tentacolare, vivo, prima che raggiunga
la casa. Vendi la casa, anzi, e la vespa
cinquanta, il bassorilievo vendi – medita
il prezzo”
Il poeta pare inizi a traghettare la sua poesia verso un sentimento di paura
in un’ambientazione che si pone sulla sponda
del naufragio estremo.
Minerva
“Ci siamo avvicinati all’inverno
guardando il cielo inveire
sulle protuberanze sui frutti
sull’albergo dal nome di dea
che ha chiuso per ferie.
Rimarrà senza cena, senza tetto
l’amico tardivo – penso –
e stacco le mani dal muro
di cinta del recente deserto.
Non un’anima dentro!
Mi accerto che in tasca
ci sono le chiavi
e tutto è chiuso e tutto
è a posto.”
Giuseppe Ungaretti partiva dall’assunto che nell’arte, da Eschilo a Dostoevskij, «il dramma infurierà sempre alle origini dell’essere» e che «il dono degli artisti veri sarà quello di riuscire a dissimulare questa forza, come la grazia della vita nasconde lo scheletro».
Un documento della più alta poetica del Novecento che appare ancora valido quando leggiamo le poesie di Zampi.
Gianni Zampi vive ad Arezzo.
È stato redattore della rivista di poesia “Titus” (1984-1992).
Nel 2013 ha pubblicato per Italic-Pequod la raccolta Qui è sempre inverno.
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