Federica Manzon “Scrittori Raccontano Scrittori”

Federica Manzon Federica Manzon "Scrittori Raccontano Scrittori" Gabinetto Vieusseux, Firenze

Federica Manzon
“Scrittori Raccontano Scrittori”
Federica Manzon racconta Umberto Saba


Verso i 200 anni del Gabinetto G.P. Vieusseux 1819 – 2019
SCRITTORI RACCONTANO SCRITTORI
Seconda edizione


Ideato e curato da Alba Donati e Gloria Manghetti, rispettivamente presidente e direttrice del Gabinetto Vieusseux di Firenze, torna nella Sala Ferri della prestigiosa istituzione fiorentina la seconda edizione della rassegna SCRITTORI RACCONTANO SCRITTORI, che rientra nel percorso triennale di avvicinamento ai 200 anni del Gabinetto Vieusseux.

Iniziato nel 2017 con uno straordinario riscontro, il ciclo – dedicato ai ragazzi delle scuole superiori ma aperto anche al pubblico – prevede che ogni anno dieci scrittori/scrittrici siano invitati a scegliere, tra quelli i cui preziosi documenti sono conservati nell’Archivio Contemporaneo del Vieusseux, un grande Autore del novecento, un autore compagno\a, maestro\a, del quale dopo aver scandagliato alla ricerca di qualcosa di nuovo le carte custodite in sede, ri-raccontare ai ragazzi la storia, la figura intellettuale, il percorso, la vita, i libri.

Partito il 20 gennaio 2018 con Mauro Covacich su Italo Svevo; e Antonio Moresco su Federigo Tozzi (il 3/02), il prossimo incontro è previsto sabato 17 febbraio con Federica Manzon su Umberto Saba, cui seguiranno Giorgio Vasta su Giuseppe Fenoglio (24/02), Maria Pia Veladiano su Eugenio Montale (3/03), Michele Mari su Carlo Emilio Gadda (10/03), Alessandro Zaccuri su Carlo Betocchi (17/03), Francesca Manfredi su Dino Buzzati (24/03), Valeria Parrella su Anna Maria Ortese (07/04), Alessandra Sarchi su Paolo Volponi (14/04).

“Abbiamo chiesto agli scrittori di oggi – dice la presidente Alba Donati – una rilettura degli scrittori di ieri fatta a partire da qualcosa di nuovo trovato nei loro appunti, negli scarabocchi, in una variante scritta a margine, in un disegno sul quaderno di appunti. Un gesto importante che offre la possibilità ai più giovani di venire a conoscenza di quel deposito di ricchezze che è un fondo archivistico.”

L’archivio Bonsanti ha più di 150 fondi “un suggestivo percorso – dice la direttrice Gloria Manghetti – tra autografi, dipinti, libri, oggetti, fotografie, e cimeli vari che ben si prestano a un viaggio della o nella memoria.”. L’obiettivo è portare gli studenti del liceo ad ascoltare 10 lezioni eccellenti, fatte dai migliori scrittori di oggi su 10 scrittori di ieri. Sensibilizzare quindi le giovani generazioni a conoscere da vicino e da dentro la letteratura, e recuperare l’amore per la cultura umanistica.

Il progetto ha il Patrocinio del Comune di Firenze e del Centro per il Libro e la Lettura del Mibact, ed è stato sostenuto e condiviso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze.


Federica Manzon (Pordenone, 1981) ha pubblicato i romanzi Come si dice addio (2008) e Di fama e di sventura (premio Rapallo Carige 2011 e premio Selezione Campiello 2011). Nel 2015 ha curato il volume I mari di Trieste (Bompiani). Con Feltrinelli ha pubblicato La nostalgia degli altri (2017).

Umberto Saba, nome di penna di Umberto Poli, nasce a Trieste nel 1883 dal matrimonio tra Felicita Rachele Cohen, di confessione ebraica, e Edoardo Poli. Nonostante le nozze tra i due si fossero svolte nel 1882, già al momento della nascita del piccolo Umberto, l’anno successivo, il padre si dilegua, abbandonando moglie e nascituro. Sicuramente la scelta del Poli d’ignorare le sue responsabilità di marito e di padre ha contribuito a far sì che Umberto scegliesse sin da subito uno pseudonimo per firmare il proprio lavoro, rigettando il cognome paterno: il termine saba in ebraico significa “nonno”. Inoltre la balia adorata da Umberto, con cui il poeta trascorse i primi tre anni della sua vita e che egli considerava come una madre, si chiamava Peppa Sabaz. Quando in maniera improvvisa Felicita Cohen reclama suo figlio, il distacco feroce dalla balia viene riconosciuto dallo stesso Saba come il primo trauma subito nella sua vita, e anima – molto più avanti – la raccolta Il piccolo Berto, pubblicata nel 1926.

Così Saba prosegue la sua esistenza e formazione in un universo totalmente femminile, tra le cure della madre e delle due zie, soffrendo molto per la mancanza di un padre. Intraprende studi classici al ginnasio Dante Alighieri di Trieste, ma non risulta, quantomeno in apparenza, portato per questo tipo di studi. Nel 1903 si stabilisce a Pisa per frequentare l’Università, ma nell’estate dell’anno successivo torna nella città natia a causa di una forte depressione (una nevrastenia che lo accompagnerà poi per tutta la vita), e inizia a collaborare con vari giornali. L’anno seguente si trasferisce a Firenze, dove conduce un’intensa vita culturale. In questo periodo conosce anche Carolina Wölfler, che in seguito prende come moglie (seguendo il rito matrimoniale ebraico) e compagna di vita. Nel 1909 nasce la figlia Linuccia, nel 1910 viene pubblicata Poesie, subito succeduta da Coi miei occhi (1911). Allo stesso periodo risale Il mio secondo libro di versi (poi noto col titolo Trieste e una donna). Nel 1913 la famiglia Saba emigra a Bologna e l’anno dopo a Milano.

La Prima guerra mondiale vede un Saba fortemente interventista, tanto da trovarsi a collaborare al Popolo d’Italia con Mussolini. Partito per la guerra (pur in posizioni di retrovia e con compiti amministrativi) ne uscì provato da crisi nervose e psicologiche sempre più profonde, fino al ricovero nell’ospedale militare di Milano nel 1918. Terminata l’esperienza bellica Saba e la famiglia tornano a Trieste, dove lo scrittore apre una libreria, la LIbreria antica e moderna. Nel 1921 esce la prima edizione del Canzoniere, cui seguono le altre fino a quella definitiva pubblicata nel 1961, dopo la morte dell’autore. A seguito di un periodo molto duro per le sofferenze psicologiche e le ricorrenti crisi nervose, Saba decise di entrare in analisi con il dottor Weiss, psicanalista anche di Svevo. Nel 1938 deve lasciare Trieste per Parigi a causa delle leggi razziali e, tornato in Italia l’anno successivo, cerca rifugio prima a Roma e poi a Firenze, dove gode dell’aiuto di Eugenio Montale. Nel 1943 viene pubblicato a Lugano la raccolta Ultime cose, che verrà poi rieditata da Einaudi nel 1945. Nel dopoguerra Saba si trasferisce a Milano dove collabora col Corriere della sera per circa dieci anni e pubblica con Mondadori Scorciatoie e raccontini, e successivamente la Storia e cronistoria del Canzoniere, in cui autocommenta la propria opera maggiore. In questo periodo inizia a collezionare premi e riconoscimenti e riceve la laurea honoris causa dall’Università di Roma. Negli ultimi anni della sua vita Saba ebbe una svolta mistica e si convertì al cattolicesimo.
Nel 1955 compie una scelta estrema e definitiva, e si fa ricoverare in una clinica di Gorizia, dove si spegne nel 1957. Il suo romanzo, Ernesto, lasciato incompiuto, viene pubblicato postumo nel 1961.

La poetica di Saba è caratterizzata da un linguaggio semplice e quotidiano e da un autobiografismo pregnante, in cui rintracciamo anche una certa inquietudine e fragilità dovute all’instabilità psicologica e nervosa dell’autore. Centrale nella poetica di Saba è il ruolo della sua città natia, Trieste, con cui vive in un rapporto continuo di amore e odio.

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