Claudio Volpe “Sotto un altro cielo”

Claudio Volpe Claudio Volpe "Sotto un altro cielo", Laurana Editore

Claudio Volpe
“Sotto un altro cielo”
Laurana Editore

«Qualcuno dagli scogli tira una corda lunga dieci metri: è quella la distanza tra la vita e la morte»

racconti di
Dacia Maraini, Giampiero Rossi, Gianfranco Di Fiore, Renato Minore, Francesca Pansa, Pierfrancesco Majorino, Simone Gambacorta, Claudio Volpe, Paolo Di Paolo, Michela Marzano.

Simile. Eppure diverso. Simile. Eppure straniero.

Questo è un libro che parla di fuga, di viaggi, di migrazioni. Dell’impossibilità di rimanere. Del bisogno di trovare un altro luogo. Dieci narratori, dieci importanti firme, ci raccontano storie di fuga, di ricerca di un mondo in cui valga la pena di vivere. Non ci sono buoni e cattivi, ma donne, uomini e bambini che scappano. Scappano dalla fame, dalla miseria, dalla guerra, dalla morte. Donne e uomini e intere famiglie che abbandonano il loro passato, superano frontiere in cerca di una speranza.
Persone che lottano perché vogliono vivere. Persone che hanno il desiderio di un futuro migliore. Racconti. Storie immaginate, inventate, non vere. Ma appunto per questo universali, perché le raccolgono tutte.

Un corpo gettato via
Dacia Maraini

così comincia:
“Guarda questa fotografia”, ha detto il mio compagno mentre, in vestaglia e con le pantofole ai piedi, scaldavo il latte per la colazione. Stavo per dirgli che non mi scocciasse, il latte stava per bollire e si sarebbe rovesciato sul fornello se non lo tenevo d’occhio. Ma dal tono della sua voce ho capito che non potevo non guardare. Ho sollevato gli occhi, ancora assonnati, sul giornale e lì per lì non ho capito: cosa c’è di strano nell’immagine di un bambino addormentato su una spiaggia vuota?
“Le onde lo hanno gettato sulla rena”, ha aggiunto Giordano con tono di fredda rabbia, e allora ho capito che stavo osservando un corpicino morto.
“Come si chiama?”, ho chiesto, come se avesse qualche importanza. Giordano si è alzato sbattendo la sedia e se n’è andato, quasi fosse colpa mia la morte di quel bambino.
Ho preso in mano il giornale e ho letto che il bambino approdato sulla spiaggia come un pezzo di tronco abbandonato si chiamava Aylan Kurdi, veniva dalla città di Kobane, in Siria ed era diretto coi genitori verso il Canada, dove avrebbe raggiunto una zia chiamata Tima Shenu Kurdi. Scappavano da una guerra che aveva distrutto la loro casa e la loro città. Avevano fatto richiesta per raggiungere la zia a Vancouver, ma la richiesta era stata respinta dal governo canadese. Per questo avevano deciso di rivolgersi a un’agenzia privata che, in cambio di 5.860 dollari, li doveva condurre all’isola di Kos, in Grecia, da dove avrebbero preso posto su un battello più grande per raggiungere Vancouver.
E così, in un giorno stabilito, hanno riempito un sacco con delle coperte, e quel poco di soldi che erano loro rimasti e si sono imbarcati di notte, dalla spiaggia turca di Bodrum, con altre dodici persone, su un gommone che al massimo ne poteva contenere otto…”

IL POSTO DELLE PAROLE
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