Candido Bottin “Come neve sui monti d’Albania”

Candido Bottin Candido Bottin "Come neve sui monti d'Albania" Araba Fenice Libri

Candido Bottin
“Come neve sui monti d’Albania”
Araba Fenice Edizioni

arabafenicelibri.it


Sabato 14 Aprile 2018, ore 17.00
Presentazione del libro “Come neve d’Albania”
Biblioteca di Savigliano

Come neve sui monti d’Albania nasce da una storia vera e prende origine dai diari e dalle lettere di Giorgio Marchisio, nato a Monasterolo di Savigliano nel 1920 e che, come molti giovani della sua generazione, si è trovato suo malgrado a dover partecipare alle vicende belliche dell’Italia nella seconda guerra mondiale. Nel libro tuttavia le singole vicende della vita militare si allargano a recuperare momenti di memoria e vicende familiari tipiche delle campagne piemontesi di allora, in anni in cui un semplice telo e una manciata di sedie regalavano a un ragazzo la magia del cinema, e quattro animali quella del circo. In cui la scelta di una semplice bicicletta andava ponderata perché foriera di conseguenze per tutti i membri della famiglia. In cui una divisa da balilla era sogno e segno di distinzione per un ragazzo che non aveva i mezzi per sfuggire alla trinità Dio, Re e Patria, perché era la sola realtà che poteva conoscere. Realtà che sfocerà drammaticamente con un triste epilogo tra le aspre montagne d’Albania, dopo essere passata anche attraverso quelle conosciute del confine francese.
In estrema sintesi sono le vicende belliche dei primi mesi della guerra fascista, iniziata con l’attacco alla Francia e proseguite con la disastrosa campagna Greco-Albanese, viste e vissute da un giovane ragazzo di campagna che tutto avrebbe voluto fare, tranne che trovarsi a combattere una guerra che non sentiva e che pure affronta con il profondo senso del dovere che la sua educazione gli aveva insegnato.
Giorgio Marchisio non tornerà dalla guerra, ma la sua figura, grazie ai suoi diari, fortunatamente riconsegnati alla famiglia dal cappellano militare del reggimento e gelosamente conservati sino ad oggi, si erge ad esempio e modello di tutta una generazione che ha fatto del senso del dovere il suo carattere fondamentale, anche di fronte a scelte e decisioni altrui scellerate.


“Ho sempre pensato che coltivare la memoria sia estremamente importante per comprendere il passato e renderci più consapevoli del presente. Questo in senso generale, ma quando il nostro coltivare la memoria è riferito ad una singola persona, tale atto assume un significato ancora più profondo, per divenire un grande dono che possiamo fare agli altri, oppure che gli altri potrebbero fare a noi. Come ha scritto una brava poetessa qualche tempo fa, la memoria ci permette di: non lasciare nell’oblio ciò che siamo, per credere che noi saremo solo con il ricordo di chi siamo stati. In sintesi è la memoria degli altri che può continuare a farci vivere anche dopo la nostra morte e con il ricordo fare in modo che la nostra esistenza possa rivelarsi utile e illuminante a chi verrà dopo di noi.
Questa è una delle ragioni principali che mi spinge a scrivere e così è stato anche con la storia di Giorgio Marchisio, la quale rimasta chiusa in un cassetto per oltre settanta anni, una volta disvelata ha mostrato la grande forza di poterci ancora emozionare e insegnare qualcosa.
Ma che cosa è “Come neve sui monti d’Albania”, un diario, un racconto, un testo storico? Ebbene, il libro non è specificatamente nulla di tutto questo, ma allo stesso tempo è tutto questo insieme. Quando ho avuto modo di leggere il materiale lasciato da Giorgio Marchisio mi sono accorto che non avrei potuto semplicemente trascrivere i diari così come si presentavano, perché la storia non stava tutta in quei tre libriccini fittamente vergati, ma si trovava anche nelle cinquanta e più lettere spedite e ricevute da casa. E poi c’era il mondo intorno, con le sue vicende dell’epoca che noi oggi conosciamo bene, ma che ai protagonisti del tempo era quasi del tutto ignoto.
Questo era un fatto. Poi c’era anche una questione di gusto personale, perché io non amo particolarmente la forma diaristica pura e semplice e non mi piaceva scrivere il libro in questo modo. Ma la storia in sé aveva un grande valore, erano vicende pure, scritte in un “prima” di tanti avvenimenti storici successivi che ben conosciamo e, proprio per la morte del protagonista, non rivisitate o ripensate a posteriori ed ero convinto che fosse importante raccontarla. Così mi sono armato dello spirito del narratore e dopo aver assimilato non solo le storie, ma anche i sentimenti del protagonista, ho cominciato il mio lavoro.
Ecco, se vogliamo dirla, questo libro è l’equivalente scritto di una lunga e tranquilla serata a raccontare di una storia un po’ lontana, ma che ancora ci può insegnare molte cose, storia di sentimenti semplici, di legami familiari, di senso del dovere, di paura, di gioia, di coraggio, di curiosità, nella quale Giorgio Marchisio si rivelerà di volta in volta un fratello maggiore, uno zio affettuoso, un compagno fedele, un amico fraterno, che sarà molto difficile lasciare andare via indifferenti.”

Candido Bottin


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